In attesa, forse, di una rinascita o di una resurrezione dal fuoco e dallo spirito – GIORGIO MANACORDA

5 Luglio 2013

“Noi siamo una specie in via di estinzione, commissario: faremo la fine degli scoiattoli italiani. Qualcuno ce l’ha con i poeti.”

“Un parco selvatico, addirittura fiabesco nel suo silenzio e nel suo isolamento.”

Citazioni tratte dal romanzo DELITTO A VILLA ADA di Giorgio Manacorda

Giorgio Manacorda

Giorgio Manacorda, oggi docente di Lingue e Letterature straniere moderne all’Università della Tuscia a Viterbo, ha insegnato anche all’Università della Calabria, a Cosenza, e presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Ha scritto diversi saggi su autori tedeschi quali Goethe, Roth, Bachman e altri, e soprattutto si è occupato molto di poesia italiana contemporanea quale critico letterario fra i più validi in Italia. DELITTO A VILLA ADA è il suo secondo romanzo dopo quello di esordio IL CORRIDOIO DI LEGNO. DELITTO A VILLA ADA forse si presenta come un thriller dalla trama avvincente, forse come un giallo capriccioso e intrigante, forse, alla fin fine, come una fiaba noir sottilmente percorsa da un’amara quanto ironica allegoria sulla Poesia e sulla figura del Poeta in questo nostro tempo. Sono tutte definizioni possibili e accettabili. Vi è un commissario di polizia appassionato di Poesia e che si diletta egli stesso a scrivere poesie. Vi sono poeti e critici letterari. Vi è lo stesso Giorgio Manacorda. Vi sono una serie di personaggi vicini o lontani, acute presenze o ombre in movimento come, ad esempio, il questore di Roma. Ma vi è, principalmente, un delitto che avviene a Villa Ada, lo storico parco di Roma situato fra la via Salaria e il Foro Italico. E la vittima è proprio un poeta nelle vesti di un barbone, il quale aveva fatto di Villa Ada la sua casa e che attaccava agli alberi del parco i suoi versi poetici. Due cose pare accomunino tutti i sospettati e gli indiziati di questo delitto: la prima è il loro fare jogging nel parco di Villa Ada ogni giorno, cioè la loro corsa quotidiana per tenersi in forma, per caricarsi di energia e affrontare la giornata o per scaricarsi di tutta la tensione e lo stress accumulati durante la giornata, o semplicemente per pensare e riflettere; la seconda è la loro passione per la Poesia, il loro dilettarsi a scrivere versi. La morte di questo poeta – barbone sconvolge quasi la loro esistenza, anche perché si diffonde la voce che egli possedesse una macchina da scrivere d’oro, la quale permette di raggiungere la perfezione assoluta nello scrivere versi, ovverosia dona il talento senza sacrificio, rinuncia, privazioni, dolore; in poche parole: come sfregare la lampada di Aladino esprimendo soltanto un desiderio. Al di là di come possa essere la struttura del romanzo, linguistica o meno; al di là di ciò che descrive, racconta, affabula mi preme cercare o capire la metafora che esso cela o rivela, nasconde o disvela e che può essere terribile o insignificante, di un’urgenza impellente o del tutto banale. Che funzione ha la Poesia oggi, nel 2013 d. C.? Ha ancora una funzione? E’ importante: per la società, per gli uomini, per l’uomo? Certo di Poesia, proprio nel 2013 d. C., si parla molto, si disserta molto e si discetta molto. E in molti scrivono Poesia (in effetti, chi non scrive poesie e chi non ha pubblicato anche un solo libro di poesie ovunque e dappertutto?). Ma sono davvero tutti poeti? E la Poesia è davvero alla portata di tutti? Non chiedo e non mi chiedo che cos’è la Poesia (con la P maiuscola, come l’ho sempre scritta, in quanto intesa da me come un qualcosa di sacro e di superiore esperibile solo qualitativamente e non quantitativamente). Non chiedo e non mi chiedo quale sia la funzione del Poeta (il poeta – vate, il poeta – guida, il poeta cantore di epoche e di epopee). Che cos’è adesso e che cosa è stata in passato la Poesia; chi è adesso e chi è stato in passato il Poeta. Io che ho scritto poesie e ho cercato nella Poesia un qualcosa forse di profondo, forse di misterioso e di enigmatico, forse di impossibile e di indescrivibile; io che ho sofferto e sono stata male a causa della Poesia; io che, forse senza volerlo veramente e senza comprenderlo fino in fondo, sono stata ricettiva alla percezione dell’ascolto del tempo e del silenzio, dello spazio e dei suoni dell’Universo e della vita, dell’Infinito e della morte e ho tentato di trasporre tutto ciò in parola che parla, e di trasfonderlo in linguaggio dell’Essere vivo consapevole dell’effimero, della morte e dell’Eternità; a volte ombra tra ombre; talvolta presenza vaga e inesistente; qualche volta persona umana indispensabile a chi non si accontenta della sola superficie delle cose e vi ricerca un contatto meno epidermico e più immaginifico. DELITTO A VILLA ADA di Giorgio Manacorda nella sua conclusione sembra quasi ergersi a metafora delle metafore affermando, in un certo senso, l’inutilità della Poesia e che i poeti, i poeti veri, sono come animali rari: una specie in via di estinzione. Resta tuttavia la bellezza e l’incanto di un angolo di Natura nel caos di una grande città come Roma: il parco di Villa Ada con il suo laghetto basso sulle cui sponde si crogiolano al sole le tartarughe e le anatre e al suo interno nuotano grossi pesci variopinti, i suoi vialetti d’erba, i suoi alberi che danno fresca ombra e ristoro, i suoi fiori e i suoi arbusti pausa, per un attimo, lungo “la corsa” affannosa della vita e i suoi trambusti. << A Villa Ada ci sono andato a correre per anni >>, ha dichiarato Giorgio Manacorda. A Villa Ada egli ha immaginato che la Poesia e il Poeta trovassero la morte… in attesa, forse, di una rinascita o di una resurrezione dal fuoco e dallo spirito.

Francesca  Rita  Rombolà

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