Una via di stelle lontana, lontanissima – PIETRO PANCAMO

10 Agosto 2013

SOMIGLIANZE

A quest’ora

ogni paese

è un fagotto

di stelle e di buio.

Ma lo è pure

questo cielo vagabondo

(guscio d’aria e di respiri)

che stringe in un solo mondo

città, mari e tempeste.

Ma lo è pure

questa via

(intirizzita di pioggia)

col suo buio

incatenato ai lampioni

e un pò di stelle

che sussurano al mio palazzo

la ninna nanna:

vedo tante finestre

chiuse fra perimetri di sonno.

A quest’ora

ogni uomo

è un fagotto

di buio e di stelle.

Pietro Pancamo

 

La luce e le tenebre. Le stelle e il buio. Il buio e le stelle. Contrapposizione eppure somiglianza. Opposti che tuttavia si cercano. Le stelle: globi di luce e di energia molto lontani, che rischiarano il buio assoluto dello spazio cosmico, che danno vita al buio della notte nel cielo sopra la nostra testa. Il buio: dimensione reale e onirica insieme, percezione palpabile dei sensi nelle quali la vista talvolta sprofonda e ne riemerge rinnovata e l’inconscio si amplifica e si alimenta.

Nella poesia SOMIGLIANZE di Pietro Pancamo colpiscono i quattro versi iniziali e finali del componimento: alternanza semantica di parole non lasciata al caso, nei quali l’universalità dell’uomo e la territorialità di ogni paese (inteso come connotazione geografica vasta oppure di piccola dimensione) assurgono a simboli che si dispiegano nell’ora particolare, quindi nel tempo, e nell’incommensurabilità dell’Universo il quale contiene e le stelle e il buio, concentrandosi nel concetto di “fagotto”, di chiuso, dalle dimensioni limitate trasfigurato, però, dalla Poesia e dal suo linguaggio. Il poeta guarda al cielo in tutta libertà perché può, all’improvviso, divenire per lui “guscio d’aria e di respiri” che stringe ciò che vi sta sulla Terra: dalle città, ai mari e alle tempeste flusso e riflusso che travolge e sconvolge. Il modo di sentire dell’anima nell’istante in cui il verso nasce e si configura nella mente prima, sulla carta dopo, comprime, restringe, assottiglia, concentra ciò che si presenta come immenso o infinito per rapportarlo all’umano. Singolare l’idea che Pietro Pancamo ha delle stelle in sé, rafforzata dalla loro capacità di “sussurrare” una ninna nanna sparsa e amplificata da “tante finestre chiuse” durante il riposo notturno. Le “somiglianze” che egli vede e accenna sono terrestri, notturne, cadenzate da gocce di luce e di buio via “quasi stellare” per una pioggia ormai caduta o che cadrà. Fresco è ciascun verso nella sua composizione; ritmato e istantaneo nel recepirlo e poi… lasciamo che l’immaginazione vada tra le stelle, le conosca, si annienti in sprazzi di buio e luce, luce e buio prima di ritornare su questo nostro piccolo pianeta devastato, abusato, sfruttato ma ancora pieno di risorse e capace di dare e di contenere la bellezza, la serenità, la pace e tutti gli stimoli necessari per contemplare e scrivere. Immaginiamo una via di stelle lontana, lontanissima, una scia luminosa che porti fino al cuore del Cosmo da percorrere in pochi istanti, in mesi o in anni – luce, tutto il resto allora non ha importanza nel tempo e nello spazio che consumano ogni cosa.

Francesca  Rita  Rombolà

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