Una scomparsa altrettanto misteriosa: Federico Caffè come Ettore Majorana?

19 Gennaio 2014
Federico Caffè

Federico Caffè

“La politica economica è quella parte della scienza economica che usa le conoscenze dell’analisi teorica come guida per l’azione pratica.(…) Poichè il mercato è una creazione umana, l’intervento pubblico ne è una componente necessaria e non un elemento di per sè distorsivo e vessatorio. Non si può non prendere atto di un recente riflusso neo – liberista, ma è difficile individuarvi un apparato intellettuale innovatore.(…) E’ molto frequente nelle discussioni correnti rilevare un’insistenza metodica sui vantaggi operativi del sistema – mercato, e magari su tutto ciò che ne intralci lo <<spontaneo >> meccanismo, senza alcuna contestuale avvertenza sui connaturali difetti del meccanismo stesso.”

Brano tratto dagli scritti di Federico Caffè, in particolar modo quelli raccolti nel volume, di recente pubblicazione, dal titolo CONTRO GLI INCAPPUCCIATI DELLA FINANZA

Ci si deve chiedere, sin da subito, chi è, o meglio, chi era Federico Caffè?

Federico Caffè (1914 – 1987) è stato uno dei più importanti economisti italiani ma soprattutto il principale propagatore dell’idea keynesiana in Italia. Nel 1945, fu consulente del ministro della ricostruzione Meuccio Ruini durante il governo Parri. Possiamo ben dire che generazioni di studenti si sono formati alla sua scuola di pensiero. Tanto per fare alcuni esempi: dal penultimo Governatore della Banca d’Italia, e ora presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi, all’attuale Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, al preside della facoltà di Economia e Commercio dell’università La Sapienza di Roma Giuseppe Ciccarone. Fu anche consulente, per l’Economia, della prestigiosa Casa Editrice Laterza. Una piccola curiosità: il fondatore della Casa Editrice, Giuseppe Laterza, ha fatto la sua tesi di laurea con lui laureandosi nel 1981. Di lui si deve dire anche, sin da subito, che è stato un vero genio nel suo campo e che è scomparso misteriosamente come hanno fatto altri geni prima di lui (Ettore Majorana fra tutti), senza lasciare traccia di sè.

Capacità di analisi economica e finanziaria unite a una lungimiranza eccezionale sono state fra le caratteristiche principali di questo acuto studioso, analista e intellettuale. Egli amò sempre definirsi come “consigliere del cittadino” in quanto, al centro delle sue riflessioni e della sua opera, vi furono sempre la necessità, il bisogno, l’impellenza di assicurare, o perlomeno di fare il possibile per poter assicurare, livelli di occupazione e di protezione sociale soprattutto ai ceti meno abbienti e più deboli.

La sua idea costante era quella di un’economia “dal volto umano” che apportasse benessere, libertà, riscatto ad ogni cittadino dello Stato democratico. Il cosìddetto welfare state, in Italia, è stato proposto e messo in pratica da Federico Caffè. Democrazia ed economia erano per lui quasi come le due facce di una stessa medaglia. Facce intercambiabili, ago di una bilancia che non dovrebbe mai pendere per l’una o l’altra e non dovrebbe mai, principalmente, far abbassare o innalzare di un solo millimetro i pesi contrapposti.

Federico Caffè concepì un disegno economico grandioso, cioè la programmazione democratica partecipata dal basso. Il suo disegno, però, fu messo da parte per portare avanti e attuare il piano neo – liberista sì, ma conservatore il quale prevedeva (e prevede) la “liberalizzazione senza programmazione”, quasi una sorta di “giungla selvaggia” dell’economia di cui oggi il mondo intero, e in primis paesi quali l’Italia e la Grecia, ne pagano le disastrose conseguenze in economia.

Il potere occulto del sistema economico mondiale, casta suprema e sconosciuta, il potere delle banche e dell’alta finanza, la crisi globale e il sistema degenerativo e degenerante dei paesi occidentali, il circolo vizioso di domanda e offerta, spread e svalutazione del denaro, nuove forme di schiavitù e di dipendenza economica, capitalismo portato al suo estremo sviluppo negativo. Sembra quasi che “gli incappucciati della finanza” promuovendo, direttamente o indirettamente, tutte le realtà sopra elencate abbiano, in un certo senso, dichiarato guerra a intere masse umane, impoverite o in fase di impoverimento galoppante, per favorire la concentrazione del denaro nelle mani di poche persone o di pochi organismi internazionali o addirittura sovranazionali.

Nelle sue analisi lucide e nelle sue intuizioni geniali, Federico Caffè aveva previsto tutto questo? Sì. Sicuramente sì. E allora, come Ettore Majorana, a suo tempo, si sarà fatto un doloroso esame di coscienza e si sarà posto delle domande profonde del tipo: nelle mani di chi andrà a finire o finirà il sistema economico mondiale se la dottrina keynesiana, così importante per la democrazia degli Stati, per la realizzazione di una società di eguali, per la libera espressione di ogni singolo essere umano, sarà “fraintesa” o “interpretata” a proprio uso e consumo?

E’ risaputo che egli teneva sempre sul comodino, accanto al proprio letto, il libro LA SCOMPARSA DI ETTORE MAJORANA di Leonardo Sciascia perché forse lo affascinava la grandezza e la genialità di questo giovane fisico nucleare o non piuttosto il giallo della sua scomparsa… e, su tutto, la di lui scelta: lasciare questo mondo e forse rinchiudersi dietro le mura della famosa e misteriosa certosa di Serra San Bruno, in Calabria.

Fatto sta che, alle prime luci dell’alba del 15 aprile 1987, Federico Caffè esce dalla sua casa in via Cadlolo, zona residenziale di Monte Mario a Roma, e non vi farà mai più ritorno. Il fratello, che dormiva nella stanza accanto, non si accorse di nulla. Sul comodino, accanto al letto di Federico, trovò il suo orologio, i suoi documenti e i suoi occhiali di lettura (ma non c’era il libro LA SCOMPARSA DI ETTORE MAJORANA di Leonardo Sciascia!).

Da allora, come è avvenuto per Ettore Majorana, si sono fatte molte ipotesi sulla scomparsa del genio dell’economia Federico Caffè! E, fra tutte, sembra aver prevalso sempre, negli anni, quella che lo vuole, come Ettore Majorana, dietro le mura della certosa di Serra San Bruno, in Calabria, avulso e disgustato da un mondo e da una società folli e mortifere, vestito di un saio bianco e alla ricerca di quella pace interiore che altri grandi personaggi, prima di lui, hanno cercato e forse trovato.

Francesca  Rita  Rombolà

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