La “saga” più lunga e più apprezzata del cinema comico italiano

17 Giugno 2014

Fantozzi_1Un personaggio eclettico, quasi grottesco, ai limiti quasi estremi della comicità? Che ha fatto storia nel cinema italiano proprio nel genere comico? Di sicuro un’icona riconoscibile da generazioni di italiani e insostituibile in tutti i sensi? Non sono domande – indovinello, ma forse possono servire per introdurre un personaggio davvero speciale, cioè Ugo Fantozzi.

Come personaggio, appunto, egli esordisce nel 1968 nella trasmissione televisiva “Quelli della Domenica”, alla quale partecipa, per la prima volta, un signore sconosciuto di Genova, forse aspirante attore comico, forse anche un po’ scrittore, ma di certo inventore di personaggi (durante la trasmissione egli racconta storie tra il tragico e il comico su un personaggio, di sua invenzione, di nome Ugo Fantozzi).

Il nome di questo signore sconosciuto di Genova, che diventerà conosciutissimo solo più tardi, è Paolo Villaggio. Scrittore Paolo Villaggio lo diventerà quando metterà per iscritto tutti questi racconti per il settimanale “L’Europeo”, prima, e quando saranno pubblicati dopo, nel 1971, col titolo FANTOZZI.

Attore comico, a pieno titolo ed in esclusiva, quando da tali racconti cominceranno ad essere girati i vari film della serie, che vedono proprio Paolo Villaggio nei panni del “suo” personaggio: il ragionier Ugo Fantozzi! Il primo film esce nel 1975: il titolo è FANTOZZI (come il titolo dei racconti pubblicati), il regista Luciano Selce.

L’enorme successo del film, quasi inaspettato, darà il via alla “saga” più apprezzata e più longeva del cinema comico italiano; infatti, seguiranno ben altri nove film! Ma soffermiamoci qualche attimo proprio su Fantozzi (Oh pardon, ragionier Fantozzi) e sui diversi personaggi che lo circondano e lo completano come una specie di corte al rovescio, che stima e ama il suo re prendendolo bonariamente in giro e qualche volta umiliandolo anche. Egli è sempre rispettoso verso tutti (anche fin troppo), remissivo, garbato, che biascica le parole quando si trova davanti ai suoi superiori (primo fra tutti il megadirettore) o di fronte alla collega della quale è innamorato e non è corrisposto (la signorina Silvani), ma che può trasformarsi anche in una belva inferocita quando è a casa insieme alla moglie Pina e alla figlia adolescente Mariangela.

Dove sta, in fondo, la sua comicità più riposta? Perchè così tanto successo? Difficile capirlo o identificarlo. Forse perché ha rappresentato un po’ il prototipo dell’impiegato italiano vessato dalla burocrazia, dalla società, dalla mentalità corrente e da certi modelli o stili di vita superficiali e predominanti. Forse molti (se non tutti, almeno la maggior parte) della classe media italiana, inconsciamente, si sono identificati col personaggio di Fantozzi e hanno potuto vedere messi a nudo la sua fragilità e la sua impotenza, la sua pavidità e insieme la sua gentilezza, il suo agire e il suo non agire e la sua nascosta e profonda ansia di rivalsa su tutti e su tutto (difetti o pregi di quasi tutti noi). Forse perché il personaggio di Fantozzi non scade mai in quella sorta di banalità scontata e provinciale tipica di certe macchiette “costruite” ad uso e consumo di un pubblico di massa incapace di riflettere, di apprezzare o di disprezzare.

Le vicende del ragionier Ugo Fantozzi sono sempre tragicomiche e i suoi “compagni di viaggio” (il geometra Filini, in primis; il geometra Carboni e tutti gli altri) sembrano quasi degli “psicopompi laici” che hanno il compito di condurre la sua figura o la sua anima verso una catarsi finale di riscatto sociale e umano. Come dimenticare alcune scene e alcune battute, in particolare, dei vari film che ci hanno fatto ridere e non solo; immaginare e non solo; riflettere e intuire e non solo.

Rivedere un film di questa divertente e fortunatissima “saga” è, pur sempre e ancora, il piacere più grande e più disinteressato.

Francesca  Rita  Rombolà

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