Katia Debora Melis, “Figli di Terracotta”: una poesia colta e raffinata
Katia Debora Melis / 30 Agosto 2016

Katia Debora Melis, Figli di terracotta, Thoth Edizioni, 2016 Recensione di Ilaria Biondi È poesia colta e raffinata quella di Katia Debora Melis, come rende evidente, fra le altre cose, la presenza del latino (nei titoli che definiscono le cinque sezioni della silloge), scelta linguistica da non intendersi però come vacuo o superbo preziosismo, bensì come segno vibrante dell’autenticità di voce della giovane poetessa, che nel crogiuolo del Mediterraneo  affonda le proprie origini biografiche e culturali. L’utilizzo di una lingua altra da quella di scrittura, con le sue sonorità estranianti, produce inoltre sul lettore un moto di distacco e sospensione dal “conosciuto”, che lo predispone a com-prendere e ad accogliere in sé e su di sé lo sguardo stupito e obliquo che il poeta scaraventa sulla realtà percettibile. È poesia che rifugge astrazioni e concettualismi per lasciarsi attraversare dagli Elementi e restituirli nella loro solida e tellurica potenza, dentro le vene. È poesia che si aggrappa con forza alle asperità della terra per levigarle con le carezze di una parola capace di farsi trasparenza sorgiva e fiamma che brucia. Parola che si mette in cammino ed esplora, scava, gratta, scortica, squarcia, strappa la coltre fitta, densa e brumosa che avvolge…

Figli di Terracotta di Katia Debora Melis, “Una splendida silloge”
Katia Debora Melis / 24 Agosto 2016

Figli di terracotta di Katia Debora Melis Recensione di Laura Vargiu “Perché è bugiarda la vita? La tua mente fragile e offesa non lo capirà.”   È poesia da leggere e assaporare lentamente, questa di Katia Debora Melis, un lungo e articolato percorso emozionale alla ricerca del senso dell’umano esistere tra le pieghe sbiadite del nostro tempo; orfano di farfalle e ladro di sogni, quest’ultimo ha il respiro affannato di un vecchio quartiere, dove viviamo l’ergastolo dei giorni dal soffitto pulsante di stelle. Ci si sente davvero al centro di questi versi che si succedono ora brevi e lapidari, ora più lunghi e indugianti sul mondo “che non conosce più equilibrio di stagioni”; e noi, che in esso abbiamo radici, siamo quei figli di terracotta la cui nascita viene mirabilmente fissata in “Genesi”, affascinante ed evocativo incipit della silloge: “Quando il Sole ha ingravidato la Terra è diventato padre di tutti i padri e la Terra, forte, si è lasciata plasmare. Nacquero figli di terracotta. Siamo noi.” Niente di più fragile, dunque, niente di più caduco – e, sotto certi aspetti, meno nobile – della natura umana, soggetta di per se stessa a smarrirsi e incrinarsi tra le burrasche della…

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