Pietra e farfalla. Durezza e sacralità della roccia, movimento impercettibile del canto

16 Gennaio 2018

Nausicaa

Sferzava la tua immagine la pioggia

del mio sonno, stilla a stilla graffiavano

lacrime spurie uno specchio di straniata

bellezza: luridi rovi intricati alle fronde

dei capelli, blatte avide di intorbidare

le fontane degli occhi. Sulle sete

della pelle insulti neri di rughe

sfregi di suture. Così io ti ho

sognata. Ma al risveglio tu eri

lì accanto, per me, germoglio

ancora di palma quieto

e chiaro, ancora

addormentata.

Poesia tratta dalla raccolta “Pietra e farfalla” di Paolo Mazzocchini

 

Pietra come pesantezza e materia inerte, ma anche come enigma dato e circoscritto dalla e alla parola, perchè la parola diventa pietra quando racchiude il mistero di sè e sembra custodire il significato più autentico che la sottende, servendosi forse di tutto il proprio peso per esperire, essere segno, essere simbolo.

Farfalla quale levità, forse il contrario di pietra, forse idea sublime di elevazione interiore; creatura vivente il cui battito d’ali è talmente impalpabile… talmente impalpabile da sconvolgere il mondo.

In poesia la pietra e la farfalla possono incrociare le rispettive semantiche e dare forma e sostanza al verso, possono creare una poesia con un senso pieno e insieme nascosto, possono essere al centro di un’intera poetica che si pone quale traccia costante di una produzione e prolusione iniziale ed ultima.

“Pietra e farfalla” è la raccolta di poesie in cui Paolo Mazzocchini sembra scandagliare il mondo, le cose, il loro mistero, la genesi stessa di una poeticità che sfida il tempo e dal mondo classico giunge fino a noi forse pesante come pietra, forse leggera come una farfalla ma pur giunge. E’ presente. E’ qui. E’, in fondo, pur sempre qui. Davanti ai nostri occhi ansiosi di vederla e dinnanzi ai nostri orecchi ansiosi di sentirla, che si offre ai nostri sensi desiderosi di percepirla e di penetrarla. Quale spazio da oggi il mondo alla poesia?

Quale prospettiva ha l’uomo oggi di fronte alla poesia e soprattutto al poetare? Si riesce a rispondere in modo esauriente a queste domande che sono veramente cruciali in questo nostro tempo perfino oltre il post-moderno? Non è certo. Il dolore, l’introspezione profonda, il declino dell’essere, il deserto dell’esistenza fanno riflettere l’autore che, ancora una volta strumento essenziale del poeta, si serve della lingua per indicare, manifestare, mostrare, porgere il suo sentire e il suo andare oltre ogni realtà di superficie in una ricerca di senso nuovo e vero che non è vana. Mai vana. Neanche adesso nell’indifferenza dell’umanità per la propria radice endemica. Paolo Mazzocchini poteva trovare titolo migliore per questa sua silloge poetica? Migliore, più naturale e che colpisce? No davvero.

Pietra e farfalla. Durezza e sacralità della roccia, movimento impercettibile del canto.

Francesca Rita Rombolà

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