La foresta amazzonica: “polmone verde della Terra” da salvare

10 Luglio 2014

“(…)  L’Amazzonia è vasta quasi come gli Stati Uniti e comprende il più grande sistema fluviale del mondo: il Rio delle Amazzoni e i suoi affluenti. Si estende per lo più in Brasile, coprendo 3,8 milioni di kilometri quadrati. L’Amazzonia costituisce circa la metà di tutta la foresta tropicale della Terra.”

Brano tratto dal libro AMAZZONIA – Lotta per la vita – di Sting e Jean – Pierre Dutilleux i cui diritti d’autore sono devoluti, fin dalla sua prima edizione nel 1989, alla Fondazione Foresta Vergine.

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downloadIn queste ultime settimane, il Brasile è un po’ il protagonista dei programmi televisivi e di molti titoli di riviste e quotidiani nazionali e locali a causa del campionato mondiale di calcio che ivi si sta svolgendo.

Si parla molto di questo grande paese (praticamente ogni giorno finché dureranno i mondiali), di tutti i suoi aspetti, le sue contraddizioni, i suoi paradossi, le sue ambiguità, i suoi problemi, le sue luci e le sue ombre, e anche se ogni argomento che lo riguarda è sempre molto vasto e forse lo si coglie appena il semplice sfiorarlo può, a volte, forse bastare a far almeno conoscere la sua realtà; perciò non mi soffermerò sulla sua letteratura, la sua musica, i suoi stili di vita, la sua povertà o la sua ricchezza, il suo calcio e la sua vitalità, le proteste dei suoi cittadini o il comportamento delle sue forze dell’ordine.

Dirò, invece, qualcosa sulle sue bellezze naturali, splendide e terribili a un tempo, e, in primis, sulla foresta amazzonica. “Polmone verde della Terra”, “ecosistema primario del pianeta”, se non esistesse l’Amazzonia con la sua foresta fluviale di sicuro il mondo sarebbe diverso perché l’atmosfera terrestre sarebbe carica di anidride carbonica per cui l’aria risulterebbe quasi irrespirabile.

Ma l’Amazzonia muore, lentamente e inesorabilmente. La sua foresta, cuore pulsante di un Brasile inquieto, muore. Muore la sua ricchezza di vita animale e vegetale, si estinguono le culture dei popoli indigeni che da sempre la abitano. Ogni anno, aree di foresta paragonabili all’estensione del Belgio o dell’Austria vengono rase al suolo, distrutte, disboscate senza molte possibilità di un nuovo rimboschimento e gli indios che le abitano cacciati e a volte perfino uccisi, disperdendo quella loro cultura carica di tradizioni, di miti, di conoscenza e di saggezza antica così indispensabili alla terra che li ha visti nascere e crescere.

Perchè? Ecco, perchè questa distruzione indiscriminata della foresta amazzonica? Due forse sembrano essere le principali cause di ciò. La prima è la trasformazione del suolo in pascoli per l’allevamento di equini e di bovini e per la coltivazione di specie vegetali su larga scala. La seconda è lo sfruttamento commerciale del legno. Spesso quest’ultimo viene usato come legna da ardere e per farne del carbone, ma ancora più spesso viene esportato in modo sistematico quale materiale di costruzione nei paesi industrializzati del Nord del mondo. Non ci dimentichiamo, però, che l’effetto serra e i bruschi cambiamenti climatici di questi ultimi anni dipendono, in larga misura, anche dalla distruzione della foresta amazzonica. Infatti, l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera è una delle principali cause del surriscaldamento del pianeta, e gli alberi, si sa, insieme alla vegetazione in genere trasformano l’anidride carbonica in ossigeno e carbonio, che sono gli elementi – base della vita organica sulla Terra!

Sono due le principali etnie che la abitano: I Kayapo e i Yanomamo. Essi si battono da decenni per la loro propria sopravvivenza e per quella del loro habitat naturale. La loro cultura gestisce nel tempo la complessità delle risorse naturali, che garantiscono la conservazione e la varietà della foresta dalla quale traggono nutrimento e vita. Dopo lotte molto aspre, i Kayapo, noti e rispettati come i guerrieri più feroci del Brasile, sono riusciti a farsi riconoscere alcuni diritti ed indennizzi dallo Stato brasiliano. Gli Yanomamo, da oltre quarant’anni, vedono il loro mondo sempre più invaso dalla civiltà tecnologica dell’uomo bianco. La loro lotta è tenace e dura; il loro amore per la foresta infinito, ed essi vengono periodicamente massacrati, probabilmente dall’Esercito federale o da “eserciti privati” al soldo di magnati e di multinazionali, perché non vogliono cedere nè alle loro lusinghe nè alle loro minacce che impongono l’abbandono della foresta. In questo Brasile, stato che si avvia a diventare superpotenza mondiale a fianco di USA e Russia, che ospita i mondiali di calcio del 2014 i tormenti, le luci e le ombre non mancano davvero.

Francesca Rita Rombolà

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