Skan, il vasto cielo blu e il suo colore straordinario, sigillo di benevolenza fra l’uomo e le Potenze Superiori. “STORIA DI UN GUERRIERO LAKOTA – Blu come Skan, il Cielo” di Luca Allisio

23 Giugno 2025

“C’era una volta un grande popolo che viveva seguendo i ritmi del Creato, perfettamente inserito nella dimensione naturale dell’essere”.

E’ proprio l’incipit, esattamente le primissime frasi, (Prologo, pag. 5) del libro di Luca Allisio “STORIA DI UN GUERRIERO LAKOTA – Blu come Skan, il Cielo” (NOA Edizioni, 2025). Libro piuttosto completo, a metà fra il saggio storico e il romanzo storico, impeccabile nello stile, con una scrittura fluida e scorrevole, corredato di note, di una biografia esauriente, con al termine un’appendice suddivisa in diverse sezioni (A, B, C, D, E, F) che riportano: usi, tradizioni, termini linguistici, concetti particolari del popolo Lakota. I diversi capitoli del libro raccontano le vicende di guerrieri orgogliosi, coraggiosi, leali, inseriti perfettamente nel quadro della storia generale della formazione degli Stati Uniti d’America. Così si possono seguire la vita e i pensieri di guerrieri quali Aquila Chiazzata (Wanbli Gleska) e Cavallo Selvaggio (Sunguin), fratelli, Nuvole Nere e Alce Rosso, altra coppia di fratelli, nei momenti di gioia e di dolore, quando l’intera tribù si prepara alla caccia del bisonte o alla guerra con altre tribù nemiche, o a scontri con i coloni bianchi e con l’esercito americano; cioè tutto ciò che veramente conduce via via ad un affresco meraviglioso e potente, emblema di un’intera epopea.

Quel che forse colpisce molto nel libro di Luca Allisio è la puntuale e precisa descrizione dell’attaccamento profondo che il nativo americano ha verso la Natura. ” ( … ) Il rapporto di dipendenza e devozione che l’uomo bianco aveva nei confronti del denaro e del possesso, i Lakota Sioux, e più in generale tutti i nativi, lo avevano nei confronti della Natura. La Natura, in ogni suo aspetto, era studiata, venerata e temuta dall’indigeno” ( Capitolo 1 – Il trattato di Horse Creek – Introduzione storica Prima Parte, pag. 20 – 21). La descrizione di questo paragone credo sia eloquente, per non dire proprio illuminante, nel rilevare la distanza abissale (in quasi tutti gli aspetti della vita, in fondo) fra l’uomo bianco e il nativo. E’ bello leggere di questo popolo che rispetta ogni elemento naturale, perché lo conosce e lo ama, e perché sa che la sua sopravvivenza dipende dall’equilibrio delle varie forze della Natura, che assumono perciò un intenso carattere sacrale. “Nell’esistenza dei Lakota nulla era completamente profano. In ogni aspetto della loro vita c’era la presenza del Creatore. Sia i rituali pubblici che quelli privati permeavano la vita tradizionale Lakota e, le dodici giornate che precedevano il solstizio d’estate, erano ancor più particolari. I quattro giorni finali erano i ‘Giorni Sacri’. Per tutto il popolo, quel periodo aleggiava come un vento caldo e benevolo. Al termine dei festeggiamenti dedicati al sole, le tribù si separavano per iniziare la caccia autunnale (Capitolo 4 – Cos’è successo lungo la Via Sacra?, pag. 31). O anche questo brano che fa menzione della famosa “Ruota di Medicina” propria dei nativi americani. “Cangleska Wakàn, il Cerchi Sacro, più comunemente conosciuto come Ruota di Medicina, è un simbolo sacro usato da numerose tribù delle grandi pianure per rappresentare le quattro direzioni, le quattro stagioni, i quattro elementi e le quattro fasi della vita. ( … ) Iwijyohiyanpata (est, giallo) è la direzione da cui proviene Wi, il sole. La luce che sorge al mattino e si diffonde sulla Terra è l’inizio di un nuovo giorno. E’ anche l’inizio della comprensione perché la luce ci aiuta a vedere le cose come sono realmente. A un livello più profondo, Iwijyohiyanpata rappresenta la saggezza che aiuta le persone a vivere una vita buona” ( Capitolo 2 – I Lakota, il Quattro e il Sette, la Natura – Introduzione storica Seconda parte, pag. 24 – 25).

I lettori di questo libro, dunque, non potranno che rimanere affascinati nel conoscere il popolo Lakota nella sua essenza più vera. I rapporti di ogni genere (commerciali, culturali, religiosi, umani etc.) fra l’uomo bianco e i nativi non sono mai stati facili, improntati alla lealtà, al rispetto reciproco, alla conoscenza e alla comprensione reali dell’altro, ma piuttosto complessi, controversi, spesso improntati invece alla violenza e addirittura al massacro da parte del bianco “civilizzato e civilizzatore”; questo brano finale del libro ne rende bene l’idea. “Il massacro del torrente Blue Water e la marcia via terra del generale Harney furono i momenti salienti della prima importante operazione militare presso i Sioux Lakota. ( … ) Le mandrie dei bisonti stavano diminuendo rapidamente a causa della caccia indiscriminata da parte dei bianchi. Le malattie mietevano vittime con effetti devastanti per le tribù. ( … ) In breve, il generale era pessimista riguardo al futuro dei Lakota Sioux e dedicò del tempo a considerare i modi in cui il governo avrebbe potuto assisterli. In una lettera affermò che i vincitori avevano il dovere di ‘ripagare in una certa misura questa razza sfortunata per le sue numerose sofferenze’, conseguenti al dominio euro – americano” (Epilogo Storico, pag. 283).

Il cielo sopra le grandi praterie e i possenti picchi rocciosi; Skan, il vasto cielo blu e il suo colore straordinario, sigillo di benevolenza fra l’uomo e le Potenze Superiori, è la chiusa di “STORIA DI UN GUERRIERO LAKOTA. Blu come Skan, il Cielo” per i meriti del quale molto si conosce e molto si comprende e della Storia e dell’uomo che la fa, la subisce, la vive consciamente o inconsciamente.

Francesca Rita Rombolà

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