La sempre utilità della letteratura. “Creatura di sabbia” di Tahar Ben Jelloun

12 Agosto 2025

Libro ricco di fascino con una costruzione del testo quasi come uno spettacolo, per collages, che adatta il linguaggio ai differenti personaggi; come esempio basta confrontare il capitolo XIV, Salem, con il capitolo XVII, Il trovatore cieco, per sottilmente rilevare la metafora di fondo, cioè la specularità con il bibliotecario cieco, sinonimo sicuro dello scrittore Borges, de “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Sto parlando del romanzo “Creatura di sabbia” dello scrittore marocchino, naturalizzato francese, Tahar Ben Jelloun.

“Essere donna è una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione. Essere uomo è un’illusione e una violenza che giustifica e privilegia qualsiasi cosa”. Così scriverà nel suo diario Ahmed – Zahra, il ragazzo “che aveva seni da donna”, la ragazza “con la barba malrasata”, la persona fantastica e reale ad un tempo, “disgraziatamente” nata femmina e allevata dal padre come un maschio, cioè il/la protagonista disperata, autolesionista e ribelle di “Creatura di sabbia”.

“Creatura di sabbia” è la storia di Ahmed raccontata da lui stesso, ormai vecchio, il solo a conoscere la verità della sua angosciosa esistenza e dei suoi sogni allucinati. Egli scrive ogni notte su un diario segreto le sue ossessioni e la sua ipersensibilità: le angosce che nascono dall’artificialità del ruolo sociale e famigliare al quale è stato segretamente destinato dal padre. Custode e oggetto del segreto del quale tutti parlano nel corso del romanzo, Ahmed, prima di morire, consegna il diario a un cantastorie che si vanta di essere l’unico interprete autorizzato del testo e lo sa raccontare con la modalità rituale della letteratura orale tipica delle genti del Nord Africa.

Lo sviluppo del racconto è preannunciato in sette sedute all’ora del vespro. Ciascuna di esse radunerà l’uditorio, sempre più esiguo, in corrispondenza di una delle sette porte della città: ogni volta che si passa attraverso la “porta” si acquisisce una nuova chiave di lettura. Dopo la fuga dalla casa – prigione, il/la protagonista viene condotto ad una serie di epiloghi alternativi che si sovrappongono divenendo via via avvincenti e convincenti, mentre la scrittura si fa surreale e fantasmagorica. Il/la protagonista si confonde, o si identifica, con il narratore, di volta in volta uomo o donna, e nel capitolo raccontato dal bibliotecario cieco si sdoppia quasi nelle parole del narratore e della sua visitatrice. La storia di Ahmed è molto triste: donna che il padre obbliga a fingersi uomo per riscattare il proprio onore macchiato dall’aver avuto sette femmine e nessun maschio, dall’identità incerta, delle fasce strettissime che fin da bambina le atrofizzano il seno e della voce che si fa profonda e “maschile” durante l’adolescenza. Nata per ottava, e subito “inchiodata” a quel nome maschile, Ahmed porta in sé il destino irrevocabile dell’ “ottava nascita”, che è poi la morte, nella complicata e misteriosa simbologia della mistica musulmana. Isolata in una terribile solitudine, creatura androgina che “non era un errore della natura, ma una devianza sociale”, sposa per assurdo di una cugina epilettica, e poi fenomeno da baraccone come donna barbuta, muore in realtà lentamente fin da piccola, affidando ad un diario i segreti terribili e le sofferenze profonde della sua condizione.

Ad un certo punto del libro il narratore muore, tenendo stretto al petto il diario di Ahmed del quale non ha potuto rivelare la fine. Sono, così, i suoi uditori a sostituirsi a lui, ma ognuno racconta un finale diverso della storia, non tanto nell’esito, che è in fondo la morte dell’ermafrodito, quanto nelle modalità dell’evento. Finché l’ultimo uditore, una donna di nome Foutima, sembra voglia rivelare di essere ella stessa Ahmed, purtuttavia sopravvissuta alla sua stessa storia.

In “Creatura di sabbia” Tahar Ben Jelloun mette in evidenza la pena della vita femminile, la cancellazione della donna, la disperazione della stessa che, nel suo potere di mettere al mondo e dare la vita, è incapace di partorire un maschio, l’orrore del padre, che si vede riempire la casa di figlie femmine, creature disprezzate e respinte, e alla nascita dell’ottava alleva quest’ultima come fosse un maschio per avere l’erede che salverà la famiglia, i beni, l’onore. Nei paesi islamici del Nord Africa (e non solo del Nord Africa) forse fino agli anni ’60 – ’70 del secolo scorso vi predominava una tale cultura e una tale mentalità diciamo “farcita” di superstizioni e di pregiudizi che del vero Islam hanno ben poco.

Chi mai avrebbe detto (o perfino immaginato), nei primi anni Ottanta del Novecento, quando il libro venne pubblicato in Francia per la prima volta, che la “centralità” di un romanzo come “Creatura di sabbia” sarebbe andata oltre il decennio, e oltre ancora, fino ai decenni successivi del ventunesimo secolo, quando la teoria, o ideologia gender, di genere sarebbe diventata predominante nel mondo (almeno quello occidentalizzato), divenendo quasi uno status permanente? Ah è proprio vero che gli scrittori e i poeti nelle loro opere anticipano i tempi a venire e che la loro “vista lunga” spesso spazia addirittura nei secoli futuri!

“Creatura di sabbia” di Tahar Ben Jelloun  può permettersi ancora la magia, descrittiva come stilistica come poetica, de “Le mille e una notte”, pur in un’epoca segnata dalla società liquida di baumiana lettura, chiara conferma della sempre utilità del raccontare, della letteratura anche in tempi di Intelligenza Artificiale e di robotica umanizzata ormai in fase di avanzamento.

Francesca Rita Rombolà

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