Il difficile mestiere di poeta – VLADIMIR MAJAKOVSKIJ

7 Febbraio 2012

Vladimir Majakovsij

Majakovskij è il poeta della Rivoluzione d’ Ottobre, cioè della rivoluzione russa del 1917, in un certo senso, anzi, lo si può definire proprio il cantore della rivoluzione del popolo che ha cambiato e sconvolto il mondo, perchè, oltre ad aver partecipato alla rivoluzione in prima persona, ha voluto seguirla, celebrarla e onorarla con la sua Poesia. IL POETA E’ UN OPERAIO, forse non è una delle poesie più conosciute e più famose, ma certamente è quella che cerca di definire con una certa precisione il ruolo del poeta in una società non essenzialmente improntata al socialismo reale quanto piuttosto ad una società dominata dalla tecnica e dalla produzione di massa che forse  sono  componenti molto più peculiari del capitalismo odierno. Quello del poeta è un mestiere al pari di quello dell’ operaio? L’ operaio certo lavora sodo tutto il giorno, in fabbrica alla catena di montaggio; nelle imprese di costruzioni o nei grandi complessi industriali. Il suo lavoro è importante e utile alla società. Ma se non ci fossero più poeti ad infiammare gli animi con i loro versi, a suscitare l’ amore verso la bellezza, ad instillare nell’ animo il senso della giustizia e il coraggio di opporsi al potente o a colui che sfrutta i più deboli e chi non ha nè diritti nè voce per reclamarli, la società, l’ intero mondo sarebbero migliori o peggiori? Sicuramente peggiori. Allora Majavkoskij rivendica la funzione importante del poeta in una siffatta società e il ruolo principale che egli dovrebbe sempre occupare per far progredire la civiltà umana, al pari dell’ operaio che lavorando sodo costruisce e innalza, trasforma e cambia la fisionomia del mondo materiale. Dove si leva la voce di un poeta, a denunciare, ad aiutare, a far comprendere, in quel popolo c’ è vita e forse la speranza non morirà: l’ eterna speranza di un mondo migliore e la lotta dell’ individuo per mantenere il proprio posto di essere umano in una società che sembra, invece, volerlo sempre più alienare.

Francesca  Rita  Rombolà

IL  POETA  E’  UN  OPERAIO

Gridano al poeta:

<< Davanti a un tornio ti vorremmo vedere!

Cosa sono i versi?

Parole inutili!

Certo che per lavorare fai il sordo>>.

A noi,

forse

il lavoro

più di ogni altra occupazione sta a cuore.

Sono anch’ io una fabbrica.

E se mi mancano le ciminiere,

forse

senza di esse,

ci vuole ancora più coraggio.

Lo so:

voi non amate le frasi oziose.

Quando tagliate del legno, è per farne dei ciocchi.

E noi,

non siamo forse degli ebanisti?

Il legno delle teste dure noi intagliamo.

Certo,

la pesca è cosa rispettabile.

Tirare le reti,

e nelle reti storioni, forse!

Ma il lavoro del poeta non è da meno:

è pesca di uomini, non di pesci.

Fatica enorme è bruciare gli altiforni,

temprare i metalli sibilanti.

Ma chi

oserà chiamarci pigri?

Noi limiamo i cervelli con la nostra lingua affilata.

Chi è superiore: il poeta

o il tecnico

che porta

gli uomini a ventaggi pratici?

Sono uguali.

I cuori sono anche motori.

L’ anima è un ‘ abile forza motrice.

Siamo uguali.

Compagni di una massa operaia.

Proletari di corpo e di spirito.

Soltanto uniti

abelliremo l’ universo,

l’ avvieremo a tempo di marcia.

Contro la marea di parole innalziamo una diga.

All’ opera!

Al lavoro nuovo e vivo!

E gli oziosi oratori,

al mulino!

Ai mugniai!

Che l’ acqua dei loro discorsi faccia girare le macine.

Vladimir  Majakovskij

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