Una sola parola per ricordarli tutti -EDGAR LEE MASTERS

1 Maggio 2012

Edgar Lee Masters

Nell’ aria immobile c’ è quasi come il presagio della sventura imminente, una mattina come tutte le altre; una mattina di lavoro proprio come tutte le altre per un operaio come tutti gli altri, che rimane gravemente ferito dallo scoppio di una cisterna, quindi in un incidente sul lavoro. NON MI DOVEVA NULLA è una poesia amara e dolente, realistica e priva di qualunque retorica o di inutili estetismi letterari. Ne è l’ autore lo scrittore americano Edgar Lee Masters e fa parte della sua opera forse più conosciuta, ossia la famosa ANTOLOGIA DI SPOON RIVER. Sono versi asciutti e consapevoli, scritti in un linguaggio assonantico che a tratti sa di ballata. Per tutto il componimento poetico vi serpeggia una dolorosa ironia, che sfocia nel contrasto finale fra la sentenza del Giudice distrettuale, l’ operaio coinvolto nell’ incidente e il vantaggio economico del proprietario della fabbrica. Il poeta non esalta mai il lavoro in sè, ma da voce e si fa voce lui stesso di colui che, per mezzo del lavoro, costruisce la società, la sostiene e ne è parte integrante. Gli incidenti sul lavoro o, ancora peggio, le morti sul lavoro, le cosìddette ” morti bianche ” sono, nella nostra società fondata sul controverso diritto al lavoro per ogni cittadino e, su vasta scala, per ogni essere umano, uomo o donna, quasi all’ ordine del giorno. Spesso, chi vi trova la morte non sempre ottiene il giusto riconoscimento giuridico – sociale del proprio status, nemmeno oggi, o lo trova con molte difficoltà, dopo decenni di lotta sindacale, di sconfitte, ma soprattutto di grandi vittorie riportate dai lavoratori sul fronte dei loro diritti e della loro adeguata affermazione. Una poesia, un verso, una parola possono bastare per ricordarli tutti, ovunque nel mondo, e far sì che il loro vitale contributo nella società possa non venir dimenticato? Sì, può bastare anche una sola parola detta col cuore, espressa da un sentimento di empatia che è già poesia; specialmente nel giorno della festa del lavoro, che forse, simbolicamente, ha sempre voluto essere inconscia espressione ludica, momento universale di festa di ciò che l’ idea o il concetto di lavoro dovrebbe rappresentare per tutti e in ogni parte del pianeta.

 

Vi è un giorno che è stato consacrato al lavoro, nel quale si fa festa per onorare il lavoro di tutti gli altri giorni. E’ il 1 maggio, scelto a ricordo della prima manifestazione di lavoratori svoltasi a Chicago il 1 maggio 1866.

 

Francesca  Rita  Rombolà

NON MI DOVEVA NULLA

Mi diedero lavoro nella fabbrica di scatolame:

dovevo riempire di benzina la cisterna,

che alimentava i tubi lanciafiamme dei capannoni

e arroventava i ferri da saldare.

Salivo, ogni mattina, una scaletta sgangherata

portando secchi pieni di quel liquido.

Una mattina, quando stavo versando,

l’ aria si fece immobile e si tese,

e io saltai in aria mentre la cisterna esplodeva,

e ricaddi con le gambe spezzate,

e gli occhi bruciati come uova fritte.

Qualcuno aveva lasciato aperto un tubo lanciafiamme,

e qualcosa aveva succhiato la fiamma nella cisterna.

Il Giudice distrettuale disse che chi lo aveva fatto

era un mio compagno di lavoro, e dunque

il figlio del vecchio Rhodes non mi doveva nulla.

Edgar Lee Masters

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