La parola poetica, il suo mistero e la sua inafferrabilità. Conversazione con Marco Olivieri

16 Novembre 2018

Giornalista professionista e dottore di ricerca, Marco Olivieri è autore della monografia “La memoria degli altri. Il cinema di Roberto Andò”(Edizioni Kaplan 2013 e 2017), curatore del volume “Le confessioni”(Skira 2016)e, con Anna Paparcone, autore del libro “Marco Tullio Giordana. Una poetica civile in forma di cinema”(Rubbettino 2017). Critico cinematografico e teatrale, collabora con <<la Repubblica>> – edizione di Palermo – e con il sito www.outsidernews.net, è componente del comitato scientifico di “carteggi letterari le edizioni”, direttore responsabile del sito www.carteggiletterari.it e ha scritto saggi per la casa editrice Leo S. Olschki e articoli per <<Cinema e Storia>> di Rubbettino, <<Il venerdì di Repubblica>>, <<Ciak>> e <<Doppiozero>>.

Il suo blog è https.//marcoolivierigiornalista.wordpress.com/

Francesca Rita Rombolà ha conversato con lui di cinema, di attualità, di letteratura, di poesia.

D – Dottor Olivieri, iniziamo questa conversazione parlando di cinema visto che, oltre che giornalista e dottore di ricerca, è anche critico cinematografico. Il concetto, l’idea di cinema per lei, e com’è cambiato o come si è evoluto il cinema italiano e internazionale negli ultimi decenni?

R- Come ogni strumento creativo, il cinema si evolve in relazione all’epoca, in modo particolare, in relazione all’evoluzione tecnologica. Il cinema italiano risente ancora degli alti e bassi di un sistema produttivo e distributivo che funziona male. Ma, per fortuna, esistono registi, sceneggiatori, interpreti, direttori della fotografia, montatori, scenografi, tecnici e produttori che rappresentano vere e proprie eccellenze. Sia in ambito nazionale sia internazionale, la scintilla creativa e la cura artigianale e professionale risultano sempre decisive, ancora oggi, nel passaggio dalla pellicola al digitale. Come sosteneva Fellini, il cinema continua ad essere un modo divino di raccontare la vita, di fare concorrenza al Padreterno.

D – La scrittura cinematografica e la scrittura letteraria quale differenza fra le due e quali, invece, i punti di contatto?

R – Si tratta di due linguaggi profondamente diversi sui quali si sono soffermati sceneggiatori, scrittori, esperti. Come sottolineava Pasolini, la sceneggiatura è una scrittura che vuole essere altra scrittura. Francis Vanoye, nel libro “La sceneggiatura. Forme dispositivi modelli”, la definisce al tempo stesso come figurazione e schema direttivo del film. Sul rapporto dialettico che investe scrittura cinematografica e letteratura, segnalo il bel libro di Sandro Volpe “Adattamento. Sette film per sette romanzi”, e sulla relazione scrittura/immagine mi viene in mente il costante riferimento alla parola scritta da parte di autori come Bergman e Truffaut.

D – Cosa ne pensa della letteratura minimal e di quella di genere che oggi sembrano essere le protagoniste indiscusse del panorama letterario non solo italiano?

R – Non mi appassiona l’esaltazione di un genere o di una determinata etichetta. Mi appassiona, invece, la letteratura quando, sebbene inserita in uno schema o in un genere, riesce ad andare oltre e ad indagare in profondità emozionando e scuotendo in modo profondo chi legge.

D – Essere un giornalista nell’era della post-verità è avere successo, fama, saper scrivere bene o altro?

R – Essere giornalisti oggi, in tempi di emergenze economiche e precariato, risulta particolarmente difficile. A questo aggiungiamo il dilagare di fake news e un uso, spesso distorto, dei social media. Tuttavia, bisogna resistere e proporre un’alternativa etica e professionale.

D – Le piace la Poesia? Chi è il suo poeta preferito?

R – Sono attratto molto dalla parola poetica, dal suo mistero e dalla sua inafferrabilità. Mio padre, Domenico Olivieri, e mio zio, Nino Salvatore, hanno scritto alcuni libri di poesie e si sono nutriti tutta la vita di poesia e letteratura. Seppure non in modo costante e sistematico, ho letto e continuo a leggere poesie di Attilio Bertolucci, Montale, Pasolini, Szymborska, Rilke, Dickinson e di recente Alba Donati, tra gli altri. Non è un caso, inoltre, che il sito www.carteggiletterari.it, che dirigo sul piano giornalistico, nasce dalla passione della poetessa Natàlia Castaldi e che, in questi anni, io abbia avuto uno scambio con poeti come il siciliano Enrico De Lea.

D – Come vede un mondo nel quale la Poesia non esiste più e i poeti non hanno più ispirazione e voce?

R – Credo che la Poesia, come ogni altra forma di arte, continuerà ad esistere, a emozionare e a stimolare alla riflessione. Non sono così pessimista da temere l’azzeramento di ogni forma poetica. L’incanto della poesia resisterà anche alla nostra decadenza culturale. Come ricorda Calvino, nelle sue “Lezioni americane”, il miracolo di Leopardi è stato quello di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare. A questo tipo di miracoli non potremo mai rinunciare.

Grazie millle, dottor Olivieri

Francesca Rita Rombolà

Marco Olivieri

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