Tra poesia e filosofia non c’è contraddizione, c’è piuttosto una rara integrazione. Dialogo con Sergio Magaldi

14 Novembre 2019

Laureato in Scienze Politiche e in Filosofia, già ricercatore presso l’Istituto di Filosofia dell’Università di Roma, preside nei licei di Stato e specializzato in storia e culture americane presso l’Università di Irvine (California – USA), Sergio Magaldi è autore di numerosi saggi in libri e riviste, di articoli di taglio filosofico e sociologico sui quotidiani nazionali, ed ha una vasta produzione di programmi radiofonici per la Rai TV: servizi giornalistici e soprattutto sceneggiati storici, antropologici e letterari a puntate. Ha pubblicato, con traduzione e note, “Aesh mezareph” trattato alchemico – cabbalistico del XVII secolo, la traduzione del noto romanzo “Triste fin de Policastro Quaresima” di A. Lima Barreto, lunghe introduzioni a opere di carattere filosofico e teologico come “Necessità matematica dell’esistenza di Dio” di René de Cléré, “Racconti della Shoà”, “Akèldama”, “Il campo di Giuda” ecc. ecc. E’ autore di numerosi post di argomento politico, letterario e filosofico sul proprio blog: http://zibaldone-sergio.blogspot.com. Ha pubblicato quattro romanzi: “TIPHERETH”, “La tinozza di rame”, “L’Amore Consapevole” e, proprio di recente, “La Regione Sconosciuta”.

Francesca Rita Rombolà e Sergio Magaldi hanno dialogato insieme su vari argomenti profondi e importanti.

D – Professor Magaldi, iniziamo questo dialogo col parlare del suo ultimo libro “La Regione Sconosciuta”.

R – “La Regione Sconosciuta”, in libreria da pochi giorni, presuppone la lettura de “L’Amore Consapevole” di cui appunto costituisce il sequel. Naturalmente può essere letto in modo del tutto autonomo, anche perché nel nuovo romanzo non mancano i riferimenti al precedente che è di un anno fa. Nel corso di una presentazione del libro appena uscito si è posto l’accento sulla diversità di ritmo dei due romanzi che non dipende soltanto dalla mole del primo(472 pagine)rispetto al secondo(264), ma dal differente approccio: più emozionale e articolato nella sua struttura “L’Amore Consapevole”, più razionale e stringato nel suo ritmo incalzante “La Regione Sconosciuta”. Il protagonista in entrambi i romanzi è lo stesso, ma qui egli abbandona i luoghi consueti e le alterne vicende di un’esistenza in cui ha creduto, forse ingenuamente, che l’amore, tanto quello vissuto personalmente, quanto quello inteso come eros universale, avesse il potere di rivoluzionare le coscienze perfino più di una rivoluzione politica. Ora, invece, è misteriosamente invitato a compiere un viaggio in una dimensione sconosciuta dove non esiste il tempo o, per meglio dire, dove il divenire si manifesta nello spazio. Scoprirà ben presto che la sorte degli esseri umani dipende proprio da questo mondo sconosciuto in cui sta viaggiando, da coloro che lo abitano e che non sono migliori né peggiori degli uomini e delle donne della dimensione da cui proviene, ma che di loro hanno infinitamente più potere. Grazie alla guida che indirizza i suoi passi in questo mondo “altro”, il protagonista si rende finalmente conto che l’eros universale da solo è insufficiente a trasformare l’umanità e che c’è invece bisogno di una nuova presa di coscienza: la consapevolezza che la libertà e la pace del mondo da cui proviene è continuamente minacciata proprio dall’ignorare che esiste una regione sconosciuta. Solo nel finale si riaccende la speranza per un’autentica liberazione del genere umano, ma su questo non voglio aggiungere nulla per lasciare, a chi vorrà leggere il libro, il piacere della scoperta.

D – Gli altri tre romanzi che ha pubblicato hanno dei titoli, a mio parere, davvero particolari e intriganti. Ne vuole parlare un pò?

R – Sì, il primo, “TIPHERETH sentieri d’armonia”, ha effettivamente un titolo particolare e di nicchia. Qui l’io narrante è un giornalista che racconta il viaggio iniziatico di Michele, psicanalista di professione e intellettuale onnivoro, lungo nove sentieri dell’Albero della Vita o Albero delle Sephirot, a cominciare dal più basso fino a raggiungere Tiphereth che è il centro e il cuore dell’Albero. In realtà, su ciascuno dei sentieri percorsi, Michele trova tracce del proprio passato e crede di ricevere, per così dire, le chiavi per comprenderlo. Infine, una volta in Tiphereth, per eccellenza luogo di armonia, Michele si domanda se quella ottenuta sia una condizione di stabilità o se la stessa convinzione di essere sulla giusta via non diventi superbia… In apertura del libro, tra gli altri ringraziamenti, c’è in particolare quello rivolto ad Alberto Bevilacqua che aveva letto il libro e ne era rimasto colpito favorevolmente, ma che mi aveva consigliato di rimuovere dalla stesura tutta la parte cosìddetta teorica(la Qabbalah), lasciando solo “la polpa romanzesca”. Io non gli ho dato retta e, in seguito, me me ne sono pentito. Di tutt’altro genere il secondo libro, “La tinozza di rame”, anche perché nasce dall’esigenza reale di scrivere la sceneggiatura per un film sulle figure di papa Innocenzo X e di sua cognata Olimpia Maidalchini Pamphili. In realtà si tratta di un romanzo storico solo in apparenza perché è incentrato sulla vita di un frate agostiniano che si trova al centro degli eventi narrati e che, condannato ingiustamente, riuscirà infine a ribaltare il proprio infelice destino. Il terzo libro, pubblicato un anno fa, è “L’Amore Consapevole” cui accennavo sopra. Qui, un ricco collezionista italo-americano, massone e fervente cattolico, muore lasciando alla casa editrice romana da lui fondata – perché lo divulghi – un documento di duemila anni prima che egli ha custodito in segreto per quasi settanta anni e che ha a che fare con la vita di Gesù. L’originalità del documento sta soprattutto nel contenere al suo interno la fonte di scritti posteriori della tradizione ebraica che riguardano la presenza di Dio nel mondo(Shekinah)e la concezione dell’amore tra l’uomo e la donna. L’arrivo di e-mail da parte di una sedicente Shekinah suggerisce all’intraprendente direttore editoriale il progetto per una serie di romanzi che abbiano per tema la formula del cosìddetto amore consapevole concepito come una sorta di sincretismo tra le concezioni occidentali e quelle orientali sull’amore. Chi si nasconde dietro Shekinah? La ricerca per scoprire l’identità di chi continua a inviargli messaggi d’amore, dichiarando che si rivelerà soltanto quando lui si sarà reso degno di lei, si fa ossessiva da parte del direttore, senza che, tra coloro che lo circondano, egli sia in grado di identificare il misterioso personaggio che si cela dietro e-mail ed sms. La questione si complica allorchè il direttore si vede recapitare minacciosi avvertimenti a firma di Azrael, l’angelo della morte della tradizione abramitica, che gli intimano di non pubblicare il romanzo di Shekinah. Mentre un investigatore americano segue la pista del complotto internazionale per smascherare chi si nasconda dietro le minacce di morte di Azrael, il direttore è sfiorato dal sospetto che l’angelo della morte e la donna che gli invia i messaggi d’amore siano in realtà la stessa persona. La confusione in lui si fa totale quando, dopo vent’anni, torna a farsi viva con una e-mail Virginia, la ragazzina che aveva conosciuto nella libreria del nonno e con la quale aveva intrecciato una storia d’amore che lei bruscamente aveva interrotta. Infine, la scoperta di tutto l’intrigo da parte dell’investigatore americano – massone anche lui come il direttore editoriale, come il defunto collezionista – getta il direttore in una nuova condizione esistenziale, dove anche il rapporto con Virginia si fa problematico.

D – La sua formazione filosofica è stata molto importante nella sua vita, vero?

R – Non c’è dubbio, e questo a cominciare dal liceo classico, dove potevo ingenuamente vantarmi di riportare in pagella un 10 in filosofia. La scintilla della mia passione per gli studi filosofici si è accesa con gli antichi greci e con la conoscenza di Kant, di Hegel e di Marx. Non meno importanti nella mia formazione sono stati Kierkegaard, Nietzsche, Husserl, Heidegger e soprattutto Jean Paul Sartre. Devo molto anche a Franco Lombardi che per un breve tratto ho seguito nella cattedra di Filosofia Morale dell’Università di Roma presso cui sono stato ricercatore retribuito. Il suo concetto di “libertà pesante”, che coniuga la libertà dell’uomo con i condizionamenti della storia, della natura e della società, mi ha sempre affascinato. Peccato solo che oggi non se ne parli più.

D – Il senso del Divino nell’uomo del ventunesimo secolo o del terzo millennio, secondo lei.

R – Il senso del Divino è venuto mutando nel corso dei secoli. Quel che è certo è che oggi si identifica sempre meno con le religioni positive. La storicità del concetto, tuttavia, non esclude un suo nucleo originario che sembra non possa essere scalfito e che si basa sul “desiderio di assoluto”, sul “sacro” e sulla “trascendenza”. Tuttavia, il desiderio di assoluto – di cui ho parlato a lungo in “L’Amore Consapevole” – può essere ingannevole,e il senso del Divino ispirato dalle religioni positive rischia di ridursi a mera ritualità(ne parlo proprio in “La Regione Sconosciuta”). Io credo che quanto più ci si allontani dal dogma e dalle verità rivelate, tanto più sia possibile avvicinarsi ad una religiosità che ritrovi nella natura il senso del sacro, come ha ben visto Holderlin nei suoi versi: “Giorno e notte, un fuoco divino ci spinge ad aprire la via. Su vieni! Guardiamo nell’Aperto, cerchiamo qualcosa di proprio, sebbene sia ancora lontano”.

D – La Gnosi, la vera conoscenza, non ha più un suo spazio nell’evoluzione della società e dei popoli? E’ estinta?

R – Innanzi tutto occorre fare attenzione a non  confondere la Gnosi, nel senso greco di conoscenza, dallo Gnosticismo, termine con il quale si designano sette mistiche e religiose operanti a più riprese nel corso dei secoli. Nel suo significato più autentico, non c’è dubbio che la “vera conoscenza” sia sempre più difficile da perseguire, e il motivo è semplice: la maggiore importanza che la contemporaneità assegna all’apparire piuttosto che all’essere.

D – L’uomo è sempre un “animale politico” come diceva Aristotele?

R – Se l’uomo rinuncia alla possibilità di essere un Robinson Crosue(come potrebbe esserlo!?), non può che vivere nella polis. Ma la città – osserva Aristotele – è costituita per poter vivere, anzi per poter vivere bene. Isolato, l’uomo non potrebbe sopravvivere perciò, conclude il filosofo, “la città è tra le cose che sono per natura, ed è così che l’uomo è per natura un animale sociale”. La polis, la città, presto diventa Stato ma, attenzione, non si tratta della Repubblica di Platone dove l’individuo scompare nella collettività e rappresenta un mero fenomeno dove l’assoluto è lo Stato. Nella concezione di Aristotele è vero il contrario: è lo Stato che deve servire ai fini dell’individuo. Dunque, l’uomo non può cessare di interessarsi alla vita dello Stato perché ne va della sua stessa esistenza. Una concezione sempre attuale quella aristotelica, perché assegna all’uomo il compito di ricercare il maggior tasso di felicità possibile con il suo agire politico all’interno della comunità in cui vive. Chi si disinteressa della politica è, dunque, un suddito o uno schiavo e, in ogni caso, non è un essere umano completo.

D – Ama la Poesia? Lo stato attuale della poesia e dei poeti per Sergio Magaldi.

R – Ho sempre amato la Poesia, e non ho mai cessato di amarla. Il mio primo libro è stato una raccolta di versi giovanili. Non ho mai pensato, come pure sosteneva Salvatore Quasimodo, che poesia e filosofia siano tra loro inconciliabili. Se è vero che la Poesia rappresenta la giovinezza del mondo, secondo le acute analisi di Gianbattista Vico, è pur vero che di questa “fanciullezza di spirito” c’è bisogno in ogni momento dell’esistenza. La Poesia è il luogo della fantasia e delle emozioni allo stato puro, la filosofia quello delle analisi razionali e dei concetti. Ma tra loro non c’è contraddizione, c’è piuttosto una rara integrazione. Per questo ho finito col privilegiare la narrativa che, dal mio punto di vista, le ricomprende entrambe. Dai lirici greci che ho adorato(soprattutto Saffo e Mimnermo)fino agli ultimi decenni del Novecento non sono mancati i grandi poeti nel mondo. Oggi, però, la Poesia mi sembra in crisi di lettori e anche di poeti, proprio come il Teatro: in crisi di spettatori e di autori. Forse tutto è dipeso dall’industria culturale che ha finito con l’emarginare le espressioni artistiche considerate poco remunerative. A questo si accompagna la cattiva gestione degli stati nazionali(l’Italia in particolare)poco inclini a diffondere la conoscenza delle grandi opere del passato e del presente. Questo non significa che la Poesia sia destinata a scomparire, perché i versi dei grandi poeti sono immortali e l’ispirazione poetica autentica ha le sembianze del Divino.

Francesca Rita Rombolà

Sergio Magaldi

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