Chiara Giacobelli. Lo scrittore come messaggero tra chi comunica e chi riceve la comunicazione

17 Settembre 2020

Chiara Giacobelli è una scrittrice e una giornalista. Nata nel 1983, si è laureata con lode in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema di Michelangelo Antonioni e Luchino Visconti, per poi specializzarsi, sempre con lode, in editoria, comunicazione multimediale e giornalismo presso l’università di Roma Tor Vergata, dove ha conseguito il Premio Reali destinato ai più brillanti studenti dell’ateneo. Ha iniziato a dedicarsi al giornalismo nel 2006. Nel 2010 è entrata a far parte dell’ ufficio stampa del Senato della Repubblica a Palazzo Madama. Nel 2011 ha esordito ufficialmente come scrittrice con il libro “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita”, seguito da “1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita”, “Forse non tutti sanno che nelle Marche…”, “101 cose da fare in Veneto almeno una volta nella vita”. Ha anche pubblicato il romanzo “Un disastro chiamato amore”, e altre pubblicazioni varie. Cura un blog culturale sull’Huffington Post e scrive per varie testate tra cui il gruppo Qn (La Nazione, Il Giorno, il Resto del Carlino), Affari Italiani, Luxgallery, Bell’Italia e In Viaggio. Il suo sito è www.chiaragiacobelli.com.

Francesca Rita Rombolà e Chiara Giacobelli conversano insieme.

D – Chiara Giacobelli, i tuoi libri già pubblicati. Nei vuoi parlare brevemente?

R – Se contiamo anche quello appena uscito per il Gruppo Editoriale Raffaello, “101 cose da sapere e da fare a Senigallia”, sono dodici. Ho spaziato su generi anche molto diversi tra loro perché mi piace affrontare sfide sempre nuove e sono curiosa per natura. Per la Newton Compton Editori ho scritto quattro libri di carattere turistico e storico: “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita”, “Forse non tutti sanno che nelle Marche…”, “101 cose da fare in Veneto almeno una volta nella vita” e “1001 monasteri e santuari in Italia da visitare almeno una volta nella vita”. Ho pubblicato, insieme al giornalista di Sky Cinema Alessio Accardo e al critico cinematografico Federico Govoni, la biografia ufficiale dello sceneggiatore Furio Scarpelli dal titolo “Furio Scarpelli. Il cinema viene dopo”, mentre per Fanucci Editore è uscito il romanzo “Un disastro chiamato amore” che ha registrato buone vendite e ha vinto, nel 2018, il Premio per la Letteratura al Femminile. Senza dilungarci troppo, molti progetti e tante iniziative diverse. Potete approfondire seguendo la mia pagina Facebook o il mio account Instagram@chiagiac.

D – Cosa significa per te scrivere un romanzo? Cosa provi?

R – Inizialmente l’idea di scrivere un romanzo o un racconto nasceva dall’esigenza di esprimere qualcosa di molto forte che sentivo dentro di me: sentimenti, pensieri, esperienze. Avevo tante cose da dire e da narrare. Con il tempo sono diventata sempre più interessata all’ascolto e alla comprensione del mondo esterno, traendo spunti dalle storie di altre persone o dalle vicende che hanno segnato o determinato luoghi, piuttosto che da me stessa. Oggi scrivere un romanzo per me significa aprire un dialogo interiore e rielaborare gli stimoli che in qualche modo hanno lasciato un segno su di me, nella speranza che possano arrivare ai lettori e trasmettere così un’emozione o semplicemente la voglia di conoscere. Diciamo che interpreto il ruolo dello scrittore un pò come quello di un messaggero che si pone tra chi comunica e chi riceve la comunicazione.

D – So che fai parte dell’ufficio stampa del Senato della Repubblica a Palazzo Madama, è un lavoro che stimi, che apprezzi, che ti gratifica?

R – Ne ho fatto parte in passato quando ho vinto una graduatoria nazionale e mi sono trasferita a Roma. Dal 2011, con la pubblicazione del mio primo libro “101 cose da fare nelle Marche almeno una volta nella vita”, ho smesso l’attività di addetta stampa e mi sono dedicata a tempo pieno alla scrittura e al giornalismo. Da qualche anno sono anche docente di Comunicazione e Scrittura presso alcune scuole.

D – Cosa pensi del panorama letterario italiano odierno?

R – Leggo molta narrativa italiana contemporanea, ma raramente trovo libri che mi “catturano” davvero. Mi è successo, ad esempio, con “Almarina” della Porrella e con “Il treno dei bambini” di Viola Ardone, inoltre apprezzo molto come autore Marco Balzano. La mia scrittrice preferita in assoluto resta, però, Melania Mazzucco la cui voce si eleva su tutte le altre ed è sempre meravigliosa, non soltanto a livello artistico, ma anche di contenuti. Mi sembra che ci sia un pò di appiattimento a livello di tematiche, tutte centrate intorno ai rapporti familiari/genitoriali/di coppia, alla crisi di mezza età di uomini e di donne borghesi oppure intorno alla mafia, alla corruzione, a problemi sociali già ampiamente trattati. Ammiro chi, in questo contesto, riesce ad aprire strade nuove e inedite come, appunto, hanno fatto, a mio parere, gli autori/autrici già citati.

D – La Poesia per te è importante? Se si, quanto?

R – E’ importante e ne leggo anche molta, sebbene io non sia affatto portata per scrivere poesia. Considero Giacomo Leopardi uno dei più grandi poeti di sempre, ma amo molto anche la poesia romantica inglese e il decadentismo francese. Purtroppo l’Italia è un paese che non dedica sufficienti risorse alla cultura – come ben sappiamo – e in questo stato di cose l’attenzione nei confronti di arti considerate “minori” come la Poesia, appunto, è minima specialmente dal punto di vista del “sostegno economico” agli autori come anche a coloro che vorrebbero organizzare eventi in tal senso. Si potrebbe forse fare di più. Ma il discorso è complesso e implica un cambiamento radicale nella visione dello Stato, e forse anche dei cittadini stessi nei confronti dell’immenso valore della cultura.

Francesca Rita Rombolà

Chiara Giacobelli

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