Conversazione con lo scrittore Alessandro Cirillo, pioniere del genere Action Tricolore

14 Dicembre 2022

Alessandro Cirillo ha svolto diversi lavori prima di entrare in ferrovia e diventare capotreno presso Trenitalia, precisamente sui Frecciarossa. Ha iniziato a scrivere nel 2011. Il suo primo romanzo, “Attacco allo stivale”, è uscito per la casa editrice Tripla E nel 2013. Nel 2014 ha pubblicato “Nessuna scelta” e nel 2015 “Trame oscure”. Nello stesso anno ha scritto a quattro mani con Giancarlo Ibba “Angelus di sangue”. Ha continuato così a pubblicare, anche con altri autori, un romanzo quasi ogni anno, l’ultimo dei quali è uscito pochi giorni fa. Oltre a scrivere libri, Alessandro Cirillo ha collaborato con una rivista militare (Combat Arms Magazine) scrivendo articoli sulle Forze Armate. Da un pò di tempo scrive anche recensioni di libri per il blog Thriller Cafè. E’ il primo autore in Italia, insieme a pochi altri, ad aver inaugurato il genere cosìddetto Action Tricolore.

Francesca Rita Rombolà e Alessandro Cirillo conversano insieme.

D – Può spiegare, in sintesi, per chi non lo sapesse, che cos’è il genere Action Tricolore?

R – Una definizione di Action Tricolore non esiste ufficialmente. Si tratta di un termine che abbiamo adottato io e altri autori per identificare ciò che scrivevamo. Quando mi chiedono che cos’è Action Tricolore, rispondo che è la trasposizione, in chiave italiana, degli action thriller di matrice anglosassone. I canoni sono gli stessi, quello che cambia sono i protagonisti i quali, invece di essere statunitensi o inglesi, sono italiani doc. Stessa cosa per quanto riguarda le ambientazioni, anche se è ammesso spostare l’azione anche fuori dall’Italia. Fino a qualche anno fa, pensare a degli eroi d’azione italiani faceva storcere il naso a molti lettori. Questo nonostante, in passato, ci siano stati autori che avevano scelto eroi italiani per le loro avventure. Un esempio è Secondo Signorini, scrittore della collana Segretissimo di Mondadori. Io e altri autori, quali Francesco Cotti e Alessio Virdò, abbiamo deciso di investire fin da subito su questo genere. Siamo soddisfatti che ci siano sempre più lettori che apprezzano Action Tricolore. Tra l’altro, ci sono lettori che, a loro volta, sono diventati scrittori, e questo non può che farci piacere. L’augurio è che Action Tricolore prenda sempre più piede, magari venendo un giorno anche riconosciuto “in via ufficiale”.

D – Quello dei suoi libri al quale è più legato, diciamo “emotivamente”, e perché.

R – Per motivi diversi sono affezionato a ciascuno dei libri che ho scritto. Ce n’è uno, in particolare, che mi ha emozionato durante la stesura. Si tratta del mio ultimo lavoro, uscito da pochi giorni, dal titolo “Pericolo all’ombra degli invincibili”. E’ una storia che unisce la mia passione per i romanzi d’azione a quella per la squadra di calcio del Torino, soprattutto a quella che è passata alla storia con l’appellativo di “Grande”. Il romanzo è ambientato tra il 1949 e il 2011, in due diverse linee temporali. Le vicende di uno dei protagonisti hanno come sfondo le ultime settimane del Grande Torino prima che capitan Valentino Mazzola e compagni trovassero la morte sulla collina di Superga.

D – La scrittura, secondo lei, può aiutare un autore a superare difficoltà di ogni tipo (materiali, psicologiche, sociali etc) e a guardare al mondo, o il mondo, in modo positivo o con maggiore speranza?

R – La scrittura, secondo me, può essere tante cose, dipende chi è lo scrittore. Per qualcuno è una valvola di sfogo che lo allontana dai problemi quotidiani, Per altri è un modo di lasciare una traccia di sé su questa Terra. C’è chi scrive con l’ambizione di diventare famoso, o chi intraprende una sorta di sfida contro se stesso. Qualunque sia la ragione, l’importante è che scrivere faccia stare bene. Nel mio caso, la scrittura è un modo di vivere una realtà che non ho potuto approfondire. Fin da piccolo ho desiderato fare carriera militare, tuttavia una lieve scoliosi me lo ha impedito. La delusione è stata grande. Ma scrivere romanzi d’azione mi ha aiutato a riempire il vuoto che sentivo. Riguardo a vedere il mondo con maggiore speranza o positività, credo che dipenda anche questo dal tipo di persona. Chi è abituato a vedere il bicchiere mezzo vuoto non cambia una volta diventato scrittore.

D – La lettura di un qualche libro, per lei speciale o importante, che si sente di consigliare ad un ipotetico lettore che glielo chiedesse.

R – Volendo portare acqua al mio mulino, come si suol dire, invito a leggere tutti i libri che appartengono al genere Action Tricolore. Consiglio i romanzi di autori quali Francesco Cotti, Alessio Virdò e Giancarlo Ibba. Se devo proprio indicare un romanzo specifico, mi sento di consigliare “Collera dal mare” di Francesco Cotti. Si tratta di una storia ben congegnata che racconta l’attacco, e la successiva occupazione, dell’isola di Lampedusa da parte della Libia.

D – Le piace la Poesia? Ha un poeta preferito italiano o straniero?

R – Sono dell’idea che, per apprezzare la Poesia, bisogna essere dotati della giusta sensibilità. Con ciò non voglio cadere in stereotipi, tipo quello secondo cui alle donne piace la Poesia e agli uomini no. A prescindere dal sesso, dalla professione che si svolge, orientamento sessuale o altro, per comprendere il linguaggio della poesia occorre essere “sintonizzati” in modo corretto, un pò come se dovessimo parlare a un canale radio. Senza aver trovato la giusta frequenza non si sente nulla. Ecco, per quanto mi riguarda, temo, di non essere “sintonizzato” a dovere; forse perché collego la Poesia alla scuola, cioè quando ero costretto a studiare a memoria (non è mai stato il mio forte). L’unica poesia che mi è rimasta in mente è “Mattina” di Giuseppe Ungaretti: quattro parole che anche uno smemorato come me può ricordare.

Francesca Rita Rombolà

Alessandro Cirillo

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