La ginestra in poesia

14 Agosto 2023

La ginestra, un fiore giallo come i raggi del sole, pieno e copioso come un grappolo d’uva, esuberante e festoso come spighe di grano maturo. La ginestra, un fiore che rinasce ogni tarda primavera, annuncia la calda estate mediterranea e tellurica e si protrae talvolta fino ad autunno inoltrato. L’essenza di ginestra è una fragranza … un profumo pregiato e delicato, la fibra di ginestra è usata per realizzare tappeti, coperte, stuoie perché molto resistente e dal tessuto traspirante, caldo e fresco allo stesso tempo.

Ma è in poesia che il fiore della ginestra si mostra nascondendosi, si nasconde mostrandosi. Metafora di un mondo nuovo e di un tempo che si rinnova. Simbolo di tenacia, di resistenza alle intemperie, di forza rigogliosa ed esplosiva, radice che sa sfruttare al meglio i terreni vulcanici, le lande rocciose, i dirupi inaccessibili. Non a caso, credo, la ginestra alligna sulle pendici dei vulcani attivi e spenti o addormentati, ed è uno spettacolo potente e meraviglioso vedere fianchi lavici e nudi in un profilarsi di giallo danzante al vento che soffia dal mare, marcandone ogni tratto dalla base fino alla cima.

Gli occhi di un poeta, o di chi ama e comprende la Poesia e il poetare, non sanno resistere mai all’incanto di un cespuglio di ginestra in giugno o in luglio, o nei giorni chiassosi e festaioli del Ferragosto del sud; allora la ginestra diventa metafora, si fa simbolo, si trasforma in mito, assurge ad un qualcosa di reale e insieme trascendente che è immediatezza dei sensi e dell’intelletto e va oltre l’intelletto e i sensi spingendosi fin dove lo spirito e l’anima hanno cancellato i propri confini e hanno realizzato il vivo splendore della luce, la percezione della libertà, della bellezza pura scevra dalle bruttezze e dalle bassezze del mondo, il concretizzarsi di linguaggio poetico, visione e profezia. Ed è esattamente in tale oscuro e abbagliante manifestarsi che il sommo poeta Giacomo Leopardi carpì la ginestra: non più quale fiore dalla bellezza e dalla complessità impareggiabili quanto nella sua trasfigurazione immaginifica, che si presenta al mondo come messaggio universale e senza tempo per l’intero genere umano.

“La Ginestra” si chiamerà l’ultimo canto del poeta, sorta di testamento letterario e spirituale, senza religiosità ambigua e grossolana, che lascerà ad ogni uomo o donna, amante della poesia e della natura, un senso tutto nuovo di umanità unita e speranzosa di fronte al vuoto imperante della società e all’impeto distruttivo e inesorabile degli elementi che pur compongono l’Universo … forse davvero l’unico (chissà?) modo per vincere, o almeno farvi fronte, il dolore imperante e il pessimismo di fondo permeante il Cosmo.

METAFORA DEL RADICAMENTO ANCESTRALE DELLA VITA

Grappoli gialli, a profusione

cespugli indorati dal sole

e resi compatti

dalla terra vulcanica,

la ginestra quale fiore

quale simbolo, quale mito e realtà?

Fiore dalla bellezza incomparabile

e dal profumo delicato

metafora della nudità e del dolore

della solitudine e della dura forza

che unisce dinnanzi alle potenze minacciose

dell’ignoto, e oltre.

Metafora unica e vera

del radicamento ancestrale della vita.

Così il poeta la vide

dalla sua finestra, in lontananza.

Forse meditò sulla ginestra

in giorni afosi di giugno

gli ultimi della sua dolorosa esistenza,

e pensò di immortalarla con il Canto

lasciando all’umanità

la riflessione profonda

di un senso ultimo,

e tutta l’inutilità del vivere

fino in fondo la propria grande illusione;

mentre sulle lande deserte

più alte intorno al Vesuvio

forte i venti ne sferzavano la chioma

mai in procinto di piegarsi

o di soccombere.

Francesca Rita Rombolà

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