La lotta quasi incessante fra il Bene e il Male. Una breve riflessione su “IL Signore degli Anelli” di John Ronald Reuel Tolkien

4 Settembre 2023

Foto wikipedia

A partire dal 2 settembre fino al 2 ottobre 2023, e forse più oltre, ci saranno, in tutto il mondo, le celebrazioni per i cinquant’anni della morte di John Ronald Reuel Tolkien (1892 – 1973). Il suo nome è legato indissolubilmente alla sua opera “Il Signore degli Anelli” (non può esserci “Il Signore degli Anelli” senza Tolkien e non può esserci Tolkien senza “Il Signore degli Anelli”), un successo mondiale che accumula lettori, ammiratori ed estimatori in ogni parte del pianeta sempre più con il passare dei decenni.

Saga affascinante quanto lunga e avventurosa ( si compone di più volumi ciascuno con un proprio titolo) “Il Signore degli Anelli”, a detta di molti critici letterari e di intellettuali, e non solo del mondo anglosassone, è il capostipite, o l’iniziatore, di un genere (forse letterario a tutti gli effetti, o forse no) letterario che verrà chiamato “Fantasy” e che avrà tanta fortuna e tanto proliferare praticamente dapertutto.

Forse Tolkien, quando scrisse “Il Signore degli Anelli”, non si aspettava di sicuro tale successo mondiale, forse neppure lo auspicava; per diversi anni la sua lunga narrazione è stata considerata un’opera per ragazzi ricca di avventure, di personaggi strani, di epiche battaglie, di terre e di regni appartenenti al mondo delle fiabe ma, negli anni appunto, ci si è pure come accorti che in realtà non è così e che “Il Signore degli Anelli” è ben di più perfino di un lunghissimo racconto per adulti letterati e colti. Io, per esempio, ho sempre visto, e percepito, “Il Signore degli Anelli” come un equilibrato misto alchemico di metafore e di parabole che velano e ri – velano, nascondono a metà e mostrano altrettanto a metà perché, come tutte le grandi opere, dall’Odissea in poi, cerca di trasmettere all’umanità un messaggio forte quanto profondo e senza tempo per quel che riguarda la sua esistenza e il suo vivere (e sopravvivere) e morire e le varie costellazioni che ruotano intorno a questi cardini (la speranza, la sofferenza, l’amore, la saggezza, la benevolenza, la malvagità, il senso del Divino, l’Aldilà ecc. ecc.). Al pari di un altro inglese famoso, cioè William Shakespeare, quattro secoli dopo John Ronald Reuel Tolkien si è “servito” ancora della mitologia celtica e nordica per quella sorta di narrazione infinita che riguarda sempre la lotta quasi incessante fra il Bene e il Male e la pochezza, la meschinità, spesso la stupidità dell’uomo nel perseguire o nel combattere l’uno o l’altro o, al contrario, la capacità di elevazione, di eroismo, l’idealismo dello stesso uomo nel rapportarsi all’uno o all’altro; e il mondo celtico e nordico antichi, con le loro leggende, i loro miti, le loro creature fantastiche di altri mondi e di altre dimensioni, i loro poemi che le evocano sono, fin da molto prima dell’era cristiana, un collante perfetto per una meta – narrazione oltre la Storia quindi sempre attuale quanto sempre efficace e piuttosto salutare per una pedagogia umana in continua e costante trasformazione.

Diversi livelli di lettura e di comprensione, profonde o meno, caratterizzano “Il Signore degli Anelli” e ciascuno, a seconda di queste, può trarre il piacere, il disappunto, il disgusto, il fascino o l’incanto, la repulsione o la rabbia che esse riescono a suscitare lungo il cammino intellettivo, riflessivo e anche visivo (sì perché sono stati girati diversi film tratti da “Il Signore degli Anelli” con scenografie spettacolari ed effetti speciali davvero sorprendenti, vincitori di molti Premi Oskar per la regia, la fotografia, i costumi, il trucco, gli effetti speciali ecc. ecc.).

Ci si può, dunque, anche domandare ora: “Il Signore degli Anelli” di John Ronald reuel Tolkien è un capolavoro letterario? Non è facile affermarlo con disinvoltura e una certa presunzione oppure con una certa sicurezza, forse sì, o forse gli manca qualcosa, magari di piccolissimo e di insignificante, per esserlo ma che comunque può fare la differenza, chissà? Fatto sta che oggi, a mezzo secolo esatto (2 settembre 1973) dalla morte del suo autore, “Il Signore degli Anelli” è conosciuto, apprezzato e letto nel mondo come non mai (c’è addirittura chi ne conosce a memoria varie parti e le recita anche, come si fa con la Divina Commedia di Dante o con l’Eneide di Virgilio) ed è diventato il prototipo di una lunga serie di opere fantasy che da esso hanno preso spunto e ad esso si ispirano.

Forse John Ronald Reuel Tolkien quel 2 settembre 1973, poco prima di chiudere gli occhi a questo mondo per sempre e di sentire l’ultimo battito del suo cuore poderoso, sarà stato soltanto soddisfatto e appagato per aver adempiuto, con il suo scrivere, al difficile compito di fare un pò di luce ad un’umanità sempre più immersa, nel tempo presente e nel suo futuro prossimo, in una latente e quasi endemica oscurità.

Francesca Rita Rombolà

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