Per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
Contro ogni forma di violenza sì, soprattutto quella contro la donne come genere femminile. Contro il femminicidio, che tanto suona quale sinonimo di “genocidio”. Contro la sopraffazione dell’uomo, come genere maschile, nei riguardi della donna. Contro la disparità e la discriminazione assolute e parziali fra i sessi. Contro le sacche di maschilismo e di abietta e retrogada cultura patriarcale e misogina che ancora si annidano, come forma mentis radicata nella società, in molti luoghi, anche i più insospettati e insospettabili. Contro l’odio che avvolge noi donne, e ci travolge. Contro le umiliazioni subite. Contro le vessazioni perpetrate a nostro danno. Contro lo sfruttamento di ogni tipo che ci vede quali oggetti e non persone, come cose e non esseri umani. Contro il male che si accanisce, da sempre, su noi donne.
Ferite e piegate, ma non spezzate. Capaci ancora di risollevarci e di camminare erette come il primo homo sapiens nelle foreste primordiali del mondo. Capaci ancora di un sorriso e di un improvviso gesto d’amore. In grado ancora di sognare, di dare e infondere speranza e di sperare noi stesse. Bisognose di una carezza fuggevole, di un minimo gesto di affetto, o almeno di attenzione. Malgrado tutto e nonostante tutto: donne, tra resistenza e resa, sospese in aria sull’orlo del precipizio, consapevoli del pendolo sibilante che oscilla (e si abbassa) sopra (e sulla) nostra testa e che può, crudelmente e impietosamente, torturarci e ucciderci ogni giorno, ogni ora e ogni attimo della nostra esistenza. Fragili sì, sole, incomprese, eppure coraggiose. Nascoste eppure tenaci come la tigre: bella, libera e fiera.
La poesia che segue è tratta da “Songs of Exsperience” (1794) del poeta inglese William Blake (1767 – 1827), un omaggio alla tigre, alla sua maestosità felina, al suo mistero, alla sua bellezza.
La tigre
Tigre! Tigre! Divampante fulgore
nelle foreste della notte,
quale fu l’immortale mano
o l’occhio
che ebbe la forza di formare
la tua agghiacciante simmetria?
In quali abissi o in quali cieli
accese il fuoco dei tuoi occhi?
Sopra quali ali osa slanciarsi?
E quale mano afferra il fuoco?
Quali spalle, quale arte
poté torcerti i tendini del cuore?
E quando il tuo cuore ebbe
il primo palpito?
Quale tremenda mano?
Quale tremendo piede?
Quale martello e quale catena?
Il tuo cervello fu in quale fornace?
E quale incudine?
Quale morsa robusta osò
serrarne i terrori funesti?
Mentre gli astri perdevano
le lance tirandole alla terra
e il paradiso riempivano di pianti?
Fu nel sorriso che ebbe osservando
compiuto il suo lavoro?
Chi l’Agnello creò, creò anche te?
Tigre! Tigre! Divampante fulgore
nelle foreste della notte,
quale mano, quale immortale spia
osò formare
la tua agghiacciante simmetria?
Francesca Rita Rombolà
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