Il poeta e il suo compito nel tempo e nello spazio

10 Ottobre 2023

Chi è il poeta? Il poeta è strumento dell’epoca. Come strumento della lingua. L’epoca e la sua lingua, in realtà, pensano per mezzo del poeta. Tuttavia questo pensiero stesso deve influenzare l’epoca e la sua lingua. Il poeta non trasforma il mondo e le cose del mondo, ma può influenzare la coscienza e toccare le corde più sensibili e profonde del cuore dell’uomo.

Il poeta è un custode della tradizione, della memoria, del ricordo. Un custode della parole. E un custode dell’Essere. Si osservi la Storia là dove essa avviene “effettivamente” e su scala escatologica. Nel suo cataclisma continuo non restano e non possono restare dottrine né politiche né poetiche. Ma la Poesia rimane in ogni caso, e mostra di essere essa stessa una più alta “impolitica politica”. L’unica forma di poesia possibile alla fine di un’epoca, di un’era, dei tempi è quella escatologica, quella, in parole povere, che nega il mondo inumano dei giorni che si vivono in nome di un grande mutamento. La Poesia vera è una cosa rara: la sua pienezza fu dispiegata agli uomini nei templi antichi fra divinità e muse e in quel libro grandioso e misterioso conosciuto universalmente come la Bibbia.

E da quel tempo mitico in poi, la Poesia viene elargita soltanto come eccezione. Il poeta cerca di rispondere a ciò cui l’uomo non riesce a dare risposta. Scrive quando scrivere appare insensato e inammissibile eppure inevitabile. In tempi di decadenza e di transizione, di radicale mutamento e di perdita di senso il poeta ha il diritto e la volontà (e forse anche il dovere) di trasformare e trasfigurare quello che si troverà a portata di mano: forme vecchie ed invecchiate, obsolete, versi del folklore, del barocco e del romanticismo, dell’età classica e del mondo primitivo, trattati illuministi ed echi frantumati delle tragedie antiche.

Il mondo poetico viene, così, costituito dai frammenti dispersi di una cultura esplosa, smembrata, degradata, da ciò che, strutturalmente, è molto simile ad una sorta di “bricolage”, al processo di costituzione del mito secondo l’antropologo strutturalista francese Cloude Lévi – Strauss. I versi poetici diventano, in questo modo, precisi, concisi e abbracciano le possibilità e i limiti dell’uomo. E da essi si irradia, allora, una lieve e quasi inavvertibile disperazione – una disperazione che acquista ritmo e misura – illuminata dal senso; per cui la misura stessa del pensiero, della vista e dell’ascolto diventano l’unica forma dei versi poetici e anche l’unica grazia del poeta, poiché lo scopo più importante di tali e unici versi poetici sarà – dunque – superare la disperazione e vincere in ultimo l’entropia (cioè una chiusura eccessiva che porta alla fine o al nulla). E poco importa se sia possibile o meno, e in che misura, raggiungere lo scopo.

Ogni frammento

Dalle brume

o dalla rugiada?

Giunge e ascolta,

e porge il cantore.

I mondi ai quali da forma

sono suoi e dell’uomo,

ogni frammento che cresce

e scava e rifulge

è vita e grido.

Cosa il tempo mitico?

Perché il tempo ciclico?

La parola lo sa.

Francesca Rita Rombolà

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