Ri-tornare a casa al termine di una lunga e sconvolgente erranza metafisica. “Né il cuore né il baratro” di Giovanni Rossi

3 Ottobre 2023

Cosa può fare, o non fare, la Poesia in momenti cruciali della vita di una persona (uomo o donna) che la scrivono o la apprezzano o che comunque non sono estranei ad essa? Può salvare dal baratro quando questo si spalanca davanti all’improvviso, o può anche salvare dal cuore e aiutare a ritrovare il “proprio cuore” smarrito. Di certo punto a favore della grande potenza e del mistero insiti nella poesia.

Ho appena finito di leggere “Né il cuore né il baratro” silloge poetica prima di Giovanni Rossi, edita da ChiPiùNeArt Edizioni (febbraio 2023), e sono diverse e varie le cose che mi hanno colpito della sua poetica: il titolo di ogni poesia è alla fine e non all’inizio segno, a mio parere, che in poesia non c’è rigidità di codici e che il suo fluire si incanala bene nel detto “tutto è possibile e il contrario di tutto”, l’io lirico costruito su un linguaggio quasi minimal decisamente efficace per l’immediatezza con la quale stimola nel lettore il meccanismo del sentimento; gli interrogativi che pone nei riguardi dell’esistente tutto (dal fiore al cielo, dalla roccia al filo d’erba al vento alle onde del mare ecc. ecc.); il senso recondito della speranza, dell’attesa, della morte capace di trasfigurare l’essere in quell’attimo sospeso fra cielo e terra fuori dallo spazio – tempo che il poeta, in primis, e l’essere umano cercano nella loro perigliosa esistenza subconscia mai sicuri di trovarlo realmente e di viverlo al meglio; l’appartenenza, direi tellurica, alla terra, ad una terra in particolare che di tellurico e di profondo, nel senso letterale dei termini, ha davvero tanto e che riflette spesso, nel carattere endemico della gente che la abita, tutta la sua irruenza e la sua specificità; una post – modernità che trova nel verso una sorta di appiglio per le lacerazioni, le contraddizioni, i labirinti linguistici ed espressivi che talvolta contribuiscono a tracciare le linee – base della sua liquida fisionomia; il sesso, il dolore, la sopraffazione, l’amore vero sono elaborati dal poeta in una visione in cui l’arte sa farsi catarsi per vincere le battaglie più dure e donarsi gratuitamente a chi in essa si rifugia.

“Casa è sdraiarmi sul letto di mia madre/dopo anni di oblì0/casa è un macigno di memoria/che finalmente mi schiaccia/devo guardarci dentro/nel cuore della pietra c’è un solco col mio nome/e io non voglio più scappare./Una lapide non ancora scolpita/adesso è un ghigno che non mi fa paura./Io la chiamo casa/la chiamo vita che poteva finire e non è finita”.

“Io lo chiamo tornare a casa” è la poesia che chiude la silloge poetica “Né il cuore né il baratro” di Giovanni Rossi … il suo tornare, o meglio, ri – tornare a casa auspicio e augurio, all’umanità intera come al singolo, per tornare, o ri – tornare, a casa al termine di una lunga e sconvolgente erranza metafisica.

Francesca Rita Rombolà

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