“Che la Poesia sia la nostra linea di resistenza”. Conversazione con Donatella Bisutti

13 Dicembre 2023

Donatella Bisutti, nata a Milano, vive a Genova, è poetessa, scrittrice, giornalista. Ha pubblicato per Bompiani il romanzo “Voglio avere gli occhi azzurri”. Il suo famoso saggio “La poesia salva la vita”, uscito per Mondadori, è ora nei Tascabili Feltrinelli. Fra le sue raccolte di poesie: “Inganno ottico”, Premio Montale Inediti; “Rosa alchemica”, Premio Lerici Pea e Premio Camaiore; “Un amore con due braccia”, Premio Alda Merini; “Dal buio della terra”, menzione speciale Premio Pontedilegno; “Sciamano”, menzione speciale Premio Gozzano, e il recentissimo “Erano le ombre degli dei” Passigli Editore. Fra i suoi libri per ragazzi: “Le parole magiche”, per Feltrinelli, e “Storie che finiscono male”, Einaudi ragazzi. Nel 2011 è stata ospite dell’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles per la Settimana della Lingua Italiana. E’ inclusa nell’antologia mondiale di poesia femminile “Arouse the wind, goddesses!” di prossima uscita in Giappone. Ha tradotto “La memoria e la mano” di Edmond Jabès e “Estratti del corpo” di Bernard Noel per Lo Specchio Mondadori e “La caduta dei tempi”, sempre di Bernard Noel, per Guanda. Ha curato l’edizione postuma di Fernanda Romagnoli “Il tredicesimo invitato e altre poesie”, per Scheiwiller. Ha da poco pubblicato un libro di aforismi dal titolo “Ogni spina ha la sua rosa”, edizioni Pendragon, che ha ricevuto il Premio Torino Sintesi. Donatella Bisutti è nella giuria del Premio Isabella Morra e del Premio Genova Valéry.

Francesca Rita Rombolà conversa, per poesiaeletteratura.it, con Donatella Bisutti.

D – Donatella Bisutti, lei ha lavorato come traduttrice per colossi dell’editoria quali Bompiani e Mondadori, facendoci conoscere le poesie di Edmund Jabès, Bernard Noel e altri; secondo lei la Poesia, in traduzione, conserva il fascino e l’armonia della propria lingua madre?

R – Abitualmente si ritiene che questo non sia possibile, c’è il famoso modo di dire. “traduttore traditore” e purtroppo in gran parte è vero. E ciò accade per una ragione che ho cercato di spiegare nel mio notissimo libro “La poesia salva la vita”, e ciò perché il linguaggio della poesia non è un linguaggio concettuale bensì un linguaggio legato, soprattutto attraverso il suono, alla fisicità, cioè alle nostre esperienze sensoriali delle quali, in forma diretta o indiretta, nascono le emozioni: la Poesia è un linguaggio delle emozioni. Ogni lingua ha un suo speciale rapporto con i suoni, che è prima di tutto un rapporto psicologico. Spesso le lingue dei popoli del Sud sono ricche di vocali che le rendono fascinose e sensuali, mentre le lingue nordiche spesso hanno una prevalenza di consonanti che le rendono in qualche modo più dure e taglienti. Tuttavia in qualsiasi lingua la Poesia mette in rapporto i suoni in modo da creare un’armonia e un ritmo, una musica in cui solo gli strumenti sono diversi. E’ come dire chi usa il pianoforte e chi il violino, chi la tromba e chi l’arpa: tradurre dovrebbe voler dire cercare nella lingua di arrivo uno stesso rapporto di suoni pur con strumenti diversi, in modo da suscitare, anche in quella lingua, la stessa percezione e, di conseguenza, la stessa emozione di quella che è stata creata dal poeta nella lingua originale. Compito difficilissimo, ma non necessariamente impossibile: un pò come hanno fatto in passato tanti musicisti trascrivendo, appunto, una musica per violino. Io ne ho fatto esperienza in alcune delle mie traduzioni, al prezzo però di un lunghissimo studio: a volte ho impiegato mesi per tradurre in questo modo un verso, per trovare cioè una musica equivalente su un altro strumento/lingua. Si tratta di un’esperienza affascinante e molto arricchente perché permette di entrare nel processo creativo di un altro poeta, ricostruendo in altra forma il suo stesso percorso in modo non logico ma analogico. Tuttavia è anche un lavoro estenuante, e questo ha fatto sì che io abbia tradotto poco e solo poeti con cui sentivo una particolare affinità. Spesso, invece, troviamo traduzioni che sono filologicamente corrette, ma riportano più un significato che un’emozione, e questo è di certo un impoverimento rispetto all’originale. In questo caso la poesia tradotta non è più vera poesia. Tuttavia anche questo tipo di traduzione è utile perché altrimenti non avremmo nessuna idea di testi poetici in lingue a noi sconosciute. Vorrei, però, anche aggiungere, per chiarire del tutto il mio pensiero, che non basta conservare la rima o la metrica per darci l’equivalente di un testo originale: questa può essere una resa solo formale, che non raggiunge una vera equivalenza attraverso l’emozione del suono, operazione molto più complessa, una tessitura che pervade tutti i versi. I traduttori, in ogni caso, andrebbero più valorizzati, mentre a volte non vengono nemmeno nominati: io quando recensisco un libro in traduzione mi soffermo sempre sul lavoro del traduttore. Un’ultima osservazione: c’è anche un altro modo di “tradire” un autore traducendolo, questa volta per eccesso contrario, e cioè troppo slancio poetico. Molti nostri grandi poeti, come Montale, hanno pubblicato “Quaderni di traduzione”; in questo caso la traduzione è vera poesia, ma non più dell’autore originario bensì del suo “traduttore” che, in realtà, sembra piuttosto aver tratto spunto dall’originale per scrivere una “sua” poesia, magari bellissima ma diversa.

D – La letteratura d’autore attraversa, in Italia e nel mondo, un periodo di crisi, di transizione o forse, purtroppo, di irreversibile declino?

R – A questo mondo non si può mai parlare di irreversibilità: non possiamo mai sapere che cosa ci riserva il futuro, e a periodi di decadenza sono sempre succeduti periodi di fioritura. Certo attualmente stiamo attraversando un periodo di decadenza, anche solo rispetto a pochi decenni fa quando, sia nella letteratura che nelle arti visive, si poteva contare un’incredibile quantità di straordinari talenti contemporaneamente operanti. Ma in qualsiasi momento, anche domattina, può nascere un nuovo Dante o un nuovo Omero. La storia dell’uomo è lunga. Adesso, però, c’è un’incognita che mi preoccupa: l’Intelligenza Artificiale, alla quale accenno anche nel mio ultimo libro di poesie.

D – Mi parli un pò del suo ultimo libro “Erano le ombre degli dei”, uscito in estate, che cos’ha di speciale, di particolare, di veramente diverso?

R – Questo libro è stato definito da qualche recensore un ritorno al poema epico. E’ scritto in stile narrativo e si divide in diversi episodi che rievocano antichi miti, leggende e tragedie greche. Zeus, Apollo e Afrodite, Edipo e la Sfinge, Giocasta e Agamennone riprendono vita in queste pagine ma sono attualizzati: usano lo smartphone e le antiche città vengono bombardate dai droni. Ma, in realtà, l’antica Grecia così rievocata ci parla del mondo di oggi con tutti i suoi drammi: la violenza sulle donne, la guerra per il petrolio, i migranti, i genocidi, le multinazionali, i robot e l’Intelligenza Artificiale. Qual’è stato il mio scopo nello scrivere questo libro? Lanciare un grido di allarme nei confronti della perdita, oggi, di valori antichi che non possiamo e non dobbiamo dimenticare col rischio di perdere la nostra umanità, la nostra dignità di persone, quella che faceva grandi gli eroi del passato, e diventare così, appunto, come dice il titolo del libro, solo “ombre” di quegli eroi.

D – La vita del poeta rimane pur sempre tragica, travolgente e travagliata, segnata dal dolore oppure egli oggi, nel ventunesimo secolo, riesce a viverla normalmente, e magari felicemente?

R – Che il poeta debba avere una vita tragica è un’idea che ha avuto molto successo nell’epoca romantica, ma non è affatto vero in generale. Nell’antichità classica un poeta come Virgilio, per esempio, autore del famoso poema “l’Eneide”, era prediletto dall’imperatore Augusto. E anche i poeti del Rinascimento e dell’età barocca non erano necessariamente persone infelici, spesso vivevano nelle corti ed erano onorati. Dante è stato esiliato, è vero, ma non perché fosse un poeta, ma per le sue posizioni politiche. Dante ai suoi tempi, infatti, fu un uomo politico. Nel Novecento, è vero, regimi dittatoriali e totalitari hanno perseguitato i poeti che si opponevano all’oppressione e scrivevano inneggiando alla libertà. Ma questo è stato il destino anche di molti uomini e donne che, pur non essendo poeti, si sono opposti alla violenza. E ci sono state poetesse che si sono suicidate, ma perché la posizione/condizione della donna era di dipendenza (per certi aspetti lo è ancora) che non le consentiva scelte libere e autonome specialmente in campo sentimentale. Di per sé il poeta, pur essendo in genere una persona molto emotiva e ipersensibile, non è per niente destinato all’infelicità e al dramma per il semplice fatto di scrivere versi, anzi di solito egli trova in questo un motivo di soddisfazione anche perché gliene viene quasi sempre riconosciuto il merito, riceve premi, ammirazione, inviti, spesso è una persona di successo. Del resto io ho scritto il saggio “La poesia salva la vita” proprio per mostrare come scrivere e leggere poesia possa aiutarci a superare anche i grandi dolori che la vita ci mette davanti e ci faccia vivere in modo più ricco e pieno aiutandoci a sviluppare tutte le nostre facoltà, non solo quelle legate all’intelligenza ma anche quelle legate all’immaginazione, all’intuizione. L’esercizio e lo sviluppo della creatività da un significato in più alla nostra vita.

D – Un messaggio sincero e affettuoso della poetessa Donatella Bisutti, in questo ultimo scorcio del 2023, a chi legge, promulga e ama la Poesia.

R – il mio messaggio è, appunto, questo: la Poesia nutre la nostra anima, ci consola di tanti dolori, ci insegna a vedere la bellezza del mondo. Quando abbiamo sete di bellezza, quando vogliamo dare profondità alla nostra vita, manifestare quello che sentiamo più intimamente, dare una forma alle nostre emozioni dobbiamo rivolgerci alla poesia. La Poesia trasfigura il mondo, ci insegna a guardare le cose con occhio nuovo, diverso, a vederle ciascuna come un miracolo perché la Poesia è il suono della nostra anima, la voce della nostra libertà, ci fa riconoscere il valore di ciascuno di noi come essere unico, irripetibile, libero; di questo dobbiamo ricordarci, di questo abbiamo soprattutto bisogno oggi in un mondo che, per tanti aspetti, ci fa paura e sembra volerci travolgere. Che la Poesia sia la nostra linea di resistenza. Questo è l’augurio che faccio a tutti alla fine di questo difficile 2023, guardando sempre con speranza al futuro.

Francesca Rita Rombolà

Donatella Bisutti

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