Il 3 giugno 1924 muore, a soli quarantuno anni, a Kierling, Klosterneuburg (Austria), Franza Kafka uno fra i maggiori (a mio modestissimo parere proprio il maggiore) scrittori del ventesimo secolo che più di ogni altro, di questo travagliatissimo secolo, ha dato voce ed è stato espressione capillare delle inquietudini, delle paure, delle fobie profonde e ancora sconosciute dell’uomo moderno ma, direi, soprattutto dell’uomo post – moderno sfociante nel Transumanesimo, nell’era del dominio assoluto della tecnica, del calcolo, del denaro. Poche e semplici parole per ricordarlo. I suoi romanzi più celebri e più conosciuti, “Il processo” e “Il castello”, toccano vertici di letterarietà e di acume mentale davvero elevati; non vi è un modo esatto e preciso, per la critica letteraria, di ieri come di oggi, per entrare nel cuore di queste due strutture linguistiche, simboliche e metaforiche per eviscerarle e scandagliarne appieno il senso, l’enorme portata, l’oscuro e forte messaggio per l’Europa, per l’Occidente, per l’uomo, per l’umanità; qualunque tentativo, infatti, cozza da sempre contro ogni metodo come contro ogni trovata pseudogeniale di interpretazione. L’intera opera letteraria in sé di Franz Kafka è arguto enigma e sottile mistero, luce e tenebre insieme, calore e gelo intercalanti, misto di dolcezza sinuosa…
Cosa è mai il silenzio? L’ assenza di voci, di suoni, di lotta e di vita? O piuttosto forse una categoria astratta sulla quale si può riflettere all’ infinito? Un concetto forse che non si riesce mai veramente a definire bene? Il racconto IL SILENZIO DELLE SIRENE del grande narratore praghese Franz Kafka può dare un ‘ idea della complessità che si nasconde dietro questa semplice parola: silenzio. Il canto delle sirene era noto a tutti nell’ antichità, e non sarebbero certo bastate una corda e dei tappi di cera per le orecchie, artifici che utilizzò Ulisse per sè e i suoi compagni, per sfuggire al canto delle terribili ammaliatrici. Tutto preso sulla nave ad organizzare l’ evento, cioè a distribuire tappi di cera e a sistemare corde intorno all’ albero maestro, Ulisse non si accorge che le Sirene fissano lo sguardo nel riverbero dei suoi grandi occhi e dimenticano di cantare. Ma le Sirene hanno un’arma che è ancora più terribile del loro canto, ossia: il silenzio. Forse qualcuno si sarà salvato dal loro canto, ma non dal loro silenzio! Eppure Ulisse non udì il loro silenzio e credette che cantassero, e che solo lui fosse protetto dall’ udirle….