La poetica del vento

Soffia il vento. Il vento caldo del Sud. Il vento caldo, da un mare Mediterraneo da sempre e sempre, nella sua storia plurimillenaria, protagonista di tragedie e di rovina, di conquiste, di vittorie e di sconfitte, di flussi e di riflussi, di rotte avventuriere o meno per i molti popoli che si affacciano, con le coste dei loro territori, sulle sue onde azzurrissime talvolta quiete talvolta in tempesta.Soffia il vento. Dalle isole Eolie. Le antichissime isole del vento, dove un dio caparbio e irruento (Eolo, dio dei venti per i popoli preellenici ed ellenici), che ha il dominio sui venti di ogni direzione, risiede ancora nella sua strana dimora surreale fatta di vento e di venti che si dipartono in ogni angolo del pianeta. Ho imparato, fin da piccolissima, a conoscere “questo” vento che soffia sempre dal mare, sale dal promontorio di Capo Vaticano e si concentra in grandi masse proprio sulle colline soffiando molto forte per giorni, fino a quando cessa improvvisamente per lasciare soltanto una flebile memoria del suo passaggio. L’ho odiato (e lo odio) ma soprattutto l’ho anche amato (e lo amo). Oggi penso che forse non sarei riuscita a scrivere molte delle mie poesie senza la…

Terra di vulcani e di rocce laviche

Jònas Hallgrimsson (1807 – 1845) rappresenta l’eco della poesia romantica nella lontana Islanda, di cui cantò antiche leggende e descrisse il paesaggio tanto amato. Nella sua poetica è presente una certa nota patriottica: il poeta esalta, infatti, l’Islanda antica contrapponendola a quella dei suoi tempi. Nella poesia “La nostra terra” sono manifesti i temi più cari al poeta, espressi con forza e vigore, anche se vi risuona una certa malinconia, tipica dei poeti romantici, insieme a un sottile rimpianto, per le glorie del passato. L’Islanda è terra ricca di vulcani. E’ formata da campi di lava la pianura nei dintorni di Thingvellir dove, nel 930 d. C., si riunì la prima assemblea legislativa islandese, la più antica d’Europa, l’Althing, e dove il bardo e capo guerriero Snorri Sturlsson piantava la propria tenda (egli fu fatto uccidere dal re di Norvegia nel 1241 che, in seguito, riuscì a farsi eleggere re degli islandesi). Il sacro monte Longberg è ormai dimenticato, esso fu la così detta “rupe delle leggi” dall’alto della quale il dicitore del diritto nordico, il Logsoguman, recitava davanti all’Althing tutte le leggi del regno. Vi incombe su tutto ciò l’oblio … e sull’oblio il canto del poeta che sconfigge…

Contro tutti i totalitarismi
000 Primo piano , Ismail Kadaré / 10 Luglio 2024

Ismail Kadaré, il più importante scrittore albanese, nasce nel 1936 ad Argirocastro, nel sud dell’Albania e muore il 1 luglio 2024 a Tirana, la capitale. Perfeziona al’Istituto Gorki di Mosca, vivaio di scrittori e di critici letterari, gli studi iniziati alla Facoltà di Lettere di Tirana. Nel 1960, dopo “lo strappo” dell’Albania  dall’Unione Sovietica, rientra nel suo Paese dedicandosi al giornalismo e pubblicando con grande successo alcune raccolte di poesie. Nel 1963 da alle stampe il suo primo romanzo, “Il generale dell’armata morta” (dal quale è stato anche tratto un film di successo con l’attore italiano Marcello Mastroianni), viaggio grottesco nella follia della Seconda Guerra Mondiale, grazie al quale si afferma sulla scena letteraria anche oltre i confini albanesi. La sua fama si consolida negli anni Settanta e Ottanta con una serie di romanzi fra i quali “I tamburi della Pioggia”; “La città di pietra; “Il palazzo dei sogni”, straordinarie narrazioni epiche, allegorie della tragica storia albanese sempre lacerata tra l’Occidente e l’Oriente. Il regime comunista di Tirana esercita sulle sue opere una censura sempre più severa. Consapevole che “la dittatura è incompatibile con la letteratura”, Ismail Kadaré, nel 1990, sceglie l’esilio politico a Parigi, in Francia, e segue le…

In un bosco di querce

Friedrich Holderlin (1770 – 1843), fra i massimi poeti del romanticismo tedesco ed europeo, ebbe un senso vivo e commosso della natura che sentì, e percepì, come una presenza divina attorno all’uomo. E proprio nell’ampio e libero respiro della natura il poeta ode l’alito fremente della libertà e il caldo vincolo della fraternità umana. Nella poesia “Le querce” sono presenti questi due momenti della sua ispirazione profonda e intensa: l’amore della natura e l’affetto per i suoi simili. Quest’ultimo sentimento gli impedisce, però, di raggiungere quella libertà astratta, quasi assoluta, tanto cara ad altri poeti romantici, che equivale in realtà alla solitudine e alla fuga dalla società e dai suoi problemi. Il poeta sale dalla città, in cui la natura è come “imbrigliata” dagli uomini e dalla loro civiltà, sulle montagne dove crescono libere, vigorose e possenti le querce. Nella sua vibrante quanto infinita immaginazione sembrano a lui le querce dei Titani, i giganti della mitologia classica, figli della Terra e del Cielo. Negli ultimi versi della poesia, soprattutto, vi è espresso il dissidio (tutto romantico) fra l’amore individuale della libertà e lo spirito della convivenza sociale. La quercia è, fin dall’antichità, così cara a tutti i popoli dell’Europa ……

La luce frecciante di giugno

Lo spessore morale, la tensione lirica, la forza evocativa della parola poetica di Mario Luzi (1914 – 2005) trovano in questa poesia, “Nel mese di giugno”, un’evidente esemplificazione: si osservi, infatti, con quale efficacia espressiva il poeta riesca, prima, ad offrire al lettore un panorama, non esteriore, ma tutto interiore, della città che, dopo la breve notte di inizio solstizio estivo, si ridesta alla luce frecciante (termine decisamente poetico) di giugno e resta come in attesa, e poi fa sentire “l’urgenza”, la necessità quasi, la realtà piuttosto tangibile di Dio; allora la nostra solitudine, le prime luci che colpiscono come frecce la calma del crepuscolo nell’ora che separa il lavoro giornaliero dal riposo notturno, l’istante del tempo infinitesimale che ancora non permette il riposo e il corpo stanco deve raccogliere le ultime energie, quando la rondine festosa non garrisce più ed ancora l’assiolo non ha iniziato il suo canto notturno, in questa pausa – dunque – tra i suoni del movimento, della vita, e il loro permanere solo come eco e ricordo (sopravvivenza) la presenza del Divino si manifesta quieta eppure forte venendo incontro “in veste di randagio/d’infermo/di bambino tribolato”, che quotidianamente ripete: “la virtù quando non giunge/fino all’amore è…

Un blues lacerante le cui note bucano il silenzio fitto intorno a noi. “Gli accordi spezzati” di Roberto Maggi
000 Primo piano , Roberto Maggi / 18 Giugno 2024

Talvolta i sogni si realizzano, talaltra invece sono destinati a rimanere vaghe chimere senza testa, oppure a volte può capitare perfino che si realizzino fin troppo finendo per trasformarsi in accordi musicali sghembi e disarmonici, ghiotta preda, così, di nemmeno troppo impetuosi soffi di vento – preludi di tempeste che possono spezzarli  – e che in effetti finiscono inesorabilmente per farlo. “Gli accordi spezzati” (BastogiLibri, 2024) è il primo romanzo di Roberto Maggi, un autore che stimo e apprezzo e con il quale ho un rapporto epistolare piuttosto frequente, anche se discontinuo. Un romanzo (più o meno) sofferto nella sua stesura e nella sua messa a punto finale, ma che si rivela efficace e, a suo modo, brillante nella struttura. La copertina accattivante (peraltro realizzata da una foto dello stesso autore) sa creare un effetto artistico sicuro che colpisce l’occhio attento e a caccia di segnali d’arte. “Gli accordi spezzati” di Roberto Maggi è un romanzo non lineare, e tuttavia fluido come l’acqua che si adatta a qualunque forma, la cui scrittura colta è in grado di penetrare nell’anima e di stimolare la mente verso l’apertura e la profondità. Roberto Maggi racconta storie nel suo romanzo, storie fatte di vissuti…

La Poesia e la sapienza antica. Dialogo con il professor Angelo Tonelli, fra i maggiori studiosi e traduttori italiani dei classici greci
000 Primo piano , Angelo Tonelli / 11 Giugno 2024

Angelo Tonelli è studioso del mondo greco antico. Fra le sue opere principali: “Oracoli caldaici” (Coliseum 1993; Rizzoli 1995 e 2005); “Eraclito, Dell’Origine” (Feltrinelli, 1993, e ristampa riveduta 2005); “Properzio, Il libro di Cinzia (Marsilio, 1993, quattro edizioni); “T. S. Eliot, La Terra Desolata e Quattro Quartetti” (Feltrinelli, 1995, sei edizioni, con ristampa riveduta per il 2005). I suoi lavori sui tragici greci sono raccolti in un’unico cofanetto di millesettecentocinquanta pagine, ossia: “Tutta la tragedia greca” (Marsilio, 2007). Angelo Tonelli è anche autore di opere filosofiche, teatrali e poetiche, ed è intervenuto in numerosi programmi culturali della Rai. Francesca Rita Rombolà dialoga, per poesiaeletteratura.it, con il professore Angelo Tonelli. D- Professor Tonelli, cos’è stata, e cos’è oggi, nei primi decenni del ventunesimo secolo, la Poesia? R – La Poesia è stata impulso vitale, conoscenza completa dell’uomo, parola che unifica ed eleva, che sconvolge e insieme coinvolge, che crea e trasforma l’interiorità umana. I poeti dell’antica Grecia hanno plasmato un mondo ostile e ferino trasformandolo nella grandiosa civiltà che tutti conosciamo. La Poesia oggi? Nel ventunesimo secolo? La Poesia è un’urgenza antropologica la cui presenza nella società caotica e tecnologizzata non può essere più rimandata, pena la fine della civiltà e…

La parola infranta e i suoi frammenti. “40+1 – Quaranta poesie più un monologo” di Anna Maria Benone

Una silloge poetica piuttosto originale in cui il linguaggio rimanda a una pluralità di significati inerenti al post – moderno che viviamo quotidianamente e dentro il quale siamo immersi. “40+1 – Quaranta poesie e un monologo” (Edizioni Controluna, 2023) di Anna Maria Benone è un volume agile e scorrevole (confesso che è stato davvero un piacere leggere queste poesie), piuttosto semplice nella forma e nella struttura semantica di ciascun verso ma che tuttavia sottintende un messaggio chiaro di fratellanza, di amore universale, di vicinanza con chi soffre e ha, o ha avuto, esperienza del dolore anche in modo estremo. Ecco la poesia che apre la raccolta: “Tempo lento” – Passato/culla del futuro./Incanto di una nuova speranza. In pochi versi essenziali vi si concentra il tema del futuro, che infonde speranza perfino nel caos e nell’incertezza del momento attuale. E poi: “Memoria” – Nel candore di/una pagina/il nero di/un pensiero/foglio/penna/giro di vite. Forse la penna è, ciò malgrado, una violenza perpetrata sulla pagina bianca simbolo di purezza, anche se, per mezzo di tale atto creativo, si vuole conservare la memoria, che è sempre un bene per l’uomo. Altra poesia: “Sul ciglio” – Strada nera/catrame cocente/vite assetate./Sul ciglio/un fiore/il richiamo della natura….

L’oscuro e forte messaggio per l’Europa, per l’Occidente, per l’uomo, per l’umanità. Nel primo centenario della morte di Franz Kafka
000 Primo piano , Franz Kafka / 3 Giugno 2024

Il 3 giugno 1924 muore, a soli quarantuno anni, a Kierling, Klosterneuburg (Austria), Franza Kafka uno fra i maggiori (a mio modestissimo parere proprio il maggiore) scrittori del ventesimo secolo che più di ogni altro, di questo travagliatissimo secolo, ha dato voce ed è stato espressione capillare delle inquietudini, delle paure, delle fobie profonde e ancora sconosciute dell’uomo moderno ma, direi, soprattutto dell’uomo post – moderno sfociante nel Transumanesimo, nell’era del dominio assoluto della tecnica, del calcolo, del denaro. Poche e semplici parole per ricordarlo. I suoi romanzi più celebri e più conosciuti, “Il processo” e “Il castello”, toccano vertici di letterarietà e di acume mentale davvero elevati; non vi è un modo esatto e preciso, per la critica letteraria, di ieri come di oggi, per entrare nel cuore di queste due strutture linguistiche, simboliche e metaforiche per eviscerarle e scandagliarne appieno il senso, l’enorme portata, l’oscuro e forte messaggio per l’Europa, per l’Occidente, per l’uomo, per l’umanità; qualunque tentativo, infatti, cozza da sempre contro ogni metodo come contro ogni trovata pseudogeniale di interpretazione. L’intera opera letteraria in sé di Franz Kafka è arguto enigma e sottile mistero, luce e tenebre insieme, calore e gelo intercalanti, misto di dolcezza sinuosa…

Africa: poesia e identità

L’Africa, continente, mondo, pianeta, fu già sede di splendide e operose civiltà, dall’egizia alla cartaginese, dall’ellenistica all’afro – romana, all’araba, ai regni del Sud e dell’Ovest, e impenetrabile ricettacolo di popolazioni (tribù e gruppi consistenti) nomadi e stanziali. Divenne terra di avventurose esplorazioni, oggetto della cupidigia di predatori e di schiavisti, campo d’azione per l’ardente carità di missionari e di filantropi, sostegno, con le sue inesauribili riserve, della potenza politica ed economica di imperi coloniali insaziabili e spesso sfruttatori, centro di attrazione (soprattutto negli ultimi decenni), per opulenti turisti amanti della caccia grossa (i famosi safari) e dell’esotismo. Oggi, in pieno ventunesimo secolo, l’Africa presenta un quadro contraddittorio e multiforme di rivendicazioni non appagate, di aggrovigliati problemi economici, sociali, nazionali non risolti, di orgogliosi tentativi di procedere sulla via non facile del progresso tecnologico. Forse la sua identità più vera e più genuina può essere reperita ancora nella poesia orale che in ogni parte del continente, a sud, a nord, a ovest a est, si mantiene ed è piuttosto vivace e meravigliosa. I boscimani, altro popolo di raccoglitori – cacciatori, sono i depositari di una tradizione orale, soprattutto poetica, davvero antichissima che le pitture rupestri della Rhodesia (l’attuale Zimbawe) testimoniano…

Canto dei pigmei d’Africa

I pigmei sono un popolo di cacciatori – raccoglitori che abita nell’estesa foresta del bacino del Congo e di altre regioni dell’Africa centrale, tra Camerun, Repubblica Centro – Africana, Gabon, Repubblica Popolare del Congo, Repubblica Democratica del Congo, est Uganda ed est Ruanda. Si dividono in molti sottogruppi ognuno dei quali costituisce un popolo a sé, tra questi, ad esempio, i Twa, gli Aka, i Baka e i Bambati. Oggi (2024) i pigmei sono popolazioni a rischio di estinzione, nonché custodi di una cultura orale davvero ancestrale che ha il suo epicentro nella poesia. Il canto che segue è un canto di fede, poesia d’amore e di fratellanza: fede nella vita che continua dopo la morte, amore per chi continua a vivere nell’Aldilà, accanto allo Spirito Divino – Kumvum – che sta vicino a tutti i suoi figli abitatori della grande foresta. Ma è anche un canto che rivela, più di molti libri di poesia di ogni genere (epico, tragico, elegiaco, ecc. ecc.), l’anima di un popolo antico e primordiale quanto la terra e il cielo, il suo pathos, la sua profonda e unica interiorità, la sua elevata capacità di percepire, di sentire, di ascoltare affidata al canto, espressione corale…

“Dobbiamo scrivere per parlare con l’umanità intera”. Breve conversazione con il poeta e scrittore Cheikh Tidiane Gaye

Cheikh Tidiane Gaye è nato a Thiès, in Senegal, nel 1971. Dopo la laurea si è trasferito prima in Costa d’Avorio, dove vivrà per due anni e poi, nel 1997, in Italia. Si è distinto in molti campi dello scibile umano, ma soprattutto nel campo della letteratura come poeta e romanziere. E’ conosciuto quale cantore importante dell’oralità africana, ed è il primo intellettuale africano a tradurre in italiano il poeta, primo presidente della Repubblica del Senegal, Léopold Sédar Senghor. Nel 2024 Cheikh Tidiane Gaye è nominato membro ordinario dell’Accademia Europea delle Scienze e delle Arti. Fra i suoi romanzi: “Mery, principessa albina – Racconto di un sogno africano” (Edizioni Liberodiscriver, 2011); fra le sue raccolte poetiche: “Il canto del Djali – Voce del saggio, parole di un cantore” (Edizioni dell’Arco, 2007), “Il sangue delle parole” (Kanaga Edizioni, 2018), “Ombra” (Kanaga Edizioni, 2022); la sua traduzione: “Léopold Sédar Senghor: il cantore della Négritudine” (Edizioni dell’Arco, 2013); il suo saggio: “Voglia di meticciato – Il Dialogo tra le Culture ed Etica” (Kanaga Edizioni, 2022). Francesca Rita Rombolà e Cheikh Tidiane Gaye conversano di letteratura e di poesia. D – Dottor Gaye, lei è stato il primo intellettuale africano a tradurre in italiano…

L’antica arte giapponese dell’ikebana

L’ikebana è un’arte molto antica che ha saputo trovare in ogni epoca, avendo alle spalle più di mille anni di storia, la dimensione della realtà contemporanea per la sua straordinaria capacità di esprimere la vita nella sua totalità. Le prime composizioni ikebana furono create da un nobile della corte imperiale nipponica, Ono – No –  Imoko, inviato presso l’impero cinese dove aveva appreso l’arte della disposizione dei giardini. Rientrato in patria e divenuto monaco buddista, diede inizio alla tradizione del famoso giardino giapponese, con i tipici laghetti e ponticelli in legno che tuttora lo caratterizzano. Le dimensioni delle prime creazioni ikebana erano enormi, avendo i monaci buddisti a disposizione spazi molto vasti. Esse, infatti, potevano anche raggiungere i sei metri di altezza, come è testimoniato dai basamenti in legno ancora esistenti. Per questo l’arte della composizione floreale ikebana fu praticata a lungo solo dai monaci buddisti e da quei nobili che avevano iniziato ad apprezzarla: i palazzi e i grandi templi erano gli unici edifici a poter contenere queste grandi creazioni – composizioni floreali. Nell’ XI secolo (epoca kamakura) la casta militare (i samurai) prese il potere nella corte imperiale del Giappone, per cui lo stile di vita spartano del…

L’affinità di spirito e di linguaggio che ci accomuna. Brevissima riflessione intorno a “PRIMA DEL SEMPRE – Antologia poetica 1995 – 2022” di Mauro Germani
000 Primo piano , Mauro Germani / 30 Aprile 2024

Ho appena terminato la lettura dell’ultimo libro dell’amico poeta Mauro Germani, “PRIMA DEL SEMPRE – Antologia poetica 1995 – 2022” (Puntoacapo Editrice, 2024), e ne esco, come sempre, appagata, entusiasta e insieme sconvolta … sì certo, in quanto la scrittura, ma soprattutto il linguaggio poetico, di Mauro Germani ha un impatto molto profondo e profondissimamente intenso su di me: sembra pizzicare (forse non lo sembra, posso tranquillamente dire che lo fa) le corde più nascoste del mio “violino interiore” I poeti e i filosofi della Grecia antica sostenevano che la Poesia è, tra le altre cose, pharmacon, cioè rimedio, cura non solo dell’anima e dello spirito ma dell’intero essere sofferente di inquietudine e di mancanza di senso, carente di ricerca e di significato intorno a sé e alle cose della terra e dell’intero universo; una cura e un rimedio molto naturali, umili e semplici che tuttavia sono portatori occulti di un qualcosa di imperscrutabile e di inafferrabile proveniente – comunque – da un Altrove. Nei millenni e nei secoli la Poesia ha più o meno mantenuto questa connotazione intrinseca presso tutti i popoli e le civiltà, anche se proprio nell’ultimo secolo, trascorso da poco, ha perso molto delle sue meravigliose…

“Homo homini lupus/L’uomo è un lupo per l’uomo”, ossia l’egoismo e l’individualismo dell’uomo in Thomas Hobbes

Thomas Hobbes (1588 – 1679), filosofo inglese, ebbe un grande interesse per lo studio dell’uomo, che rimase alla base della sua filosofia per l’intera esistenza e che, orientatosi in senso naturalistico per l’influsso dell’altro elemento costitutivo della sua cultura, caratterizzò tipicamente il suo sistema di idee. In lui prese piena concretezza il disegno di pensiero del sistema di idee, che avrebbe dovuto trattare in tre distinte sezioni: Della natura del corpo; Della natura dell’uomo; Della natura dello Stato. La prima sezione del sistema di idee di Thomas Hobbes, “De corpore”, delinea i presupposti metodologici: la filosofia è, per questo pensatore, dottrina dei corpi e delle leggi causali che ne determinano naturalisticamente l’accadere, e distinguendosi i corpi in naturali e artificiali (quale, ad esempio, lo Stato), si scinde in philosophia naturalis e philosophia civilis; la seconda sezione, “De homine”, svolge una serie di considerazioni gnoseologiche intorno alla percezione sensibile, e psicologiche, intorno alle passioni; la terza sezione, “De cive”, indaga la natura dell’uomo nella sua massima espansione, in rapporto cioè al problema statale e politico. Nasce così quella dottrina etico – politica che, più ampiamente sviluppata nel “Leviathan” (altra sua opera importante), ha dato a Thomas Hobbes massima fama. A fondamento…

Maxmilien de Robespierre. Una figura storico – politica da riscoprire

Come ripensare oggi una figura storico – politica quale quella di Maximilien de Robespierre (1758 – 1794)? Alcuni suoi biografi, francesi e non, odierni affermano che egli fu il primo “maestro di scuola” della democrazia. Un maestro di scuola severo, che non le ha risparmiato né la verità, né gli avvertimenti, né i rimproveri. Il suo programma di azione è sempre di una impressionante attualità. Noi, in fondo, siamo suoi “figli intellettuali”. Lo adottiamo come una guida, come una bandiera. Si “riscopre” oggi Maximilien de Robespierre perché ha concepito e praticato l’arte del governo (questa politica così giustamente screditata ai giorni nostri) come un sacerdozio. In fatto di politica ha detto: “Nulla è giusto se non ciò che è onesto. Nulla è utile se non ciò che è giusto”. Egli avrebbe voluto che la politica fosse una morale in azione. Ha ripetuto, senza stancarsi, una verità che traeva da Jean Jacques Rousseau e da Charles – Luis de Montesquieu, e cioè che tra tutti i governi quello democratico è il più difficile da mettere in atto veramente perché occorre dedizione al bene pubblico, in altre parole, virtù; una verità che ha predicato (e praticato) con l’esempio. Maximilien de Robespierre non…

Un’opera attuale o inattuale? “Il contratto sociale” di Jean – Jacques Rousseau

Non credo sia fuori luogo, in tempi di post – moderno, fare una breve riflessione su un’opera piuttosto controversa come controverso è stato il suo autore. Si tratta dell’opera “Il contratto sociale”, il suo autore Jean – Jacques Rousseau (1712 – 1778). Di cosa tratta, nelle linee generali, “Il contratto sociale”? Dell’autorità politica. Infatti Jean – Jacques Rousseau si propone di mostrare a quali condizioni una simile autorità possa essere legittima e, di conseguenza, di denunciare quelle che non lo sono. Non si tratta tanto, per lui, di prescrivere dei limiti a questa autorità, quanto in fondo di ricercarne il fondamento e di determinarne la natura. Tre sono i punti salienti de “Il contratto sociale”: Nessun uomo ha un’autorità naturale sul proprio simile. Ne consegue che nessuna autorità può essere legittima se è istituita o se viene esercitata senza il consenso di coloro che vi sono sottomessi; L’autorità politica Jean – Jacques Rousseau la chiama sovranità – risiede essenzialmente nel popolo. Essa è inalienabile, e il popolo non può affidarne l’esercizio a nessuno: né a un monarca, né a dei rappresentanti. Il singolo che rinunci alla sua libertà rinuncia, nello stesso tempo, alla sua qualità di uomo. Così, un popolo…

Charles – Luis de Montesquieu, il “padre” della teoria della separazione dei tre poteri – legislativo, esecutivo, giudiziario – di uno Stato

Le idee politiche, filosofiche, scientifiche di Charles – Luis de Montesquieu (1689 – 1754) si riassumono ne “l’Esprit Lois” che consta di trentuno libri. Egli cerca, soprattutto, di stabilire in che modo si deve regolare civilmente e politicamente l’uomo, nella costante varietà della sua natura, per essere felice e compiere al meglio il suo compito nella società. La vita sociale è, per l’uomo, il compimento di una legge naturale. Un triplice pensiero forma il contenuto essenziale de “l’Esprit de Lois”: A)La dottrina delle leggi in generale; B)La dottrina dei governi; C)La dottrina della libertà politica e della separazione dei poteri. Contro il contrattualismo imperante, che faceva delle leggi l’opera della ragione e della volontà astratte, Charles – Luis de Montesquieu afferma risoluto che le istituzioni civili e politiche sono sottoposte a leggi naturali immutabili al pari di tutti gli altri fenomeni della natura. Egli mette in rilievo la religione in quanto ha ben compreso che senza di questa nessuna società può essere considerata stabile. Dopo aver rilevato gli stretti legami tra i costumi di un popolo e alcuni fenomeni quali la guerra, le leggi dispotiche, le libertà individuali Charles – Luis de Montesquieu giunge a formulare “l’Esprit général d’une nation”…

Una Pasqua di pace interiore e di pace universale

Una Pasqua di pace interiore e di pace universale. Perché l’uomo è inquieto e in guerra contro se stesso. Perché gli uomini sono indifferenti e in guerra gli uni contro gli altri. Perché l’uomo, nel più profondo di se stesso, desidera ardentemente la pace. Perché gli uomini, nel loro inconscio collettivo, profondamente,  desiderano con ardore la pace. LA PIETRA MONOLITICA Un tremore nelle ossa da lungo diaccio o da colpo mortale il rombo sordo come da profondità abissali, e una luce micidiale dal cielo o dal principio cosmico dei multiversi sconosciuti. Cosa accade? Cosa è accaduto? Nulla di simile ai distinti boati della guerra al fragore e ai fuochi dei campi di battaglia alla morte e al sangue che su di essi impera. La vista si assottiglia. E scompare. Ritornerà attonita quando il sole è ormai alto e nessuno saprà o capirà o immaginerà col suo povero e gretto mortale e umano pensare. Cosa accade? Cosa è accaduto? Domande su domande risposte infinite che si rincorrono e si scontrano voci e mezze voci che borbottano ipotesi e di nuovo ipotesi che non hanno né fondamento né appiglio. … Ma la pietra monolitica che copriva l’entrata del sepolcro giace a terra….

La primavera nel suo primo dì

La luce… il sole. Cosa sono? Il fuoco, la fiamma, il calore… cosa sono? Vortici di spirali a velocità vertiginose. Corpi celesti in collisione. Stelle supergiganti che si consumano lente e ancora più lentamente si dissolvono espandendosi. Stelle che esplodono in istanti immani e spaventosi. Catastrofi inaudite nel Cosmo. Principio e fine. Fine e principio. Nel silenzio totale. Più puro e assoluto. Tutto è silenzio. Al di là della vita e della morte. Nello spazio cosmico il suono non si propaga. Negli abissi della terra. Nel profondo. Nei baratri del sottosuolo. Nella radice tellurica dell’anima. In buie caverne. Presso fiumi sotterranei. Nei non – luoghi dell’esistenza. Prima dell’inizio del tempo e dopo la fine del tempo. Dove la materia finisce e l’anti – materia si evolve invisibile e oscura. La temperatura non è neanche più misurabile. Gradi Celsius, Farhenheit, Kelvin. Cosa sono? Semplici convenzioni umane. L’uomo al di là del tempo e dello spazio? Dimensioni senza luce e suono. Niente è. Niente esiste. Il Nulla. Il concetto del Vacum. Il freddo è terribile. E’ irresistibile. Il gelo è sovrano. Respiro. Respiro primordiale. Sospiro preternaturale dell’Essere. Vibrazione e parola. La vita. La parola. Il canto. Una voce. Un grido. Il mio…

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