9 ottobre 1989 – 9 ottobre 2024, non è un anniversario, non sono i trentacinque anni esatti di un evento o di un avvenimento eclatanti, ma di sicuro questa data di tanti anni fa, in un certo senso, ha cambiato la mia vita perché da quel giorno in poi sono forse diventata scrittrice in “maniera ufficiale”. Da quel momento in poi ho scritto e ho scritto. Non ho smesso più di scrivere. Di scrivere romanzi, racconti, articoli, recensioni, di comporre versi di poesie lunghe e brevi, poemetti e sillogi di vario genere… non ho ancora smesso di scrivere; nel dolore e nella gioia, nella sofferenza e nella letizia, navigando in acque profonde e perigliose; sono stata pioniera della poesia, in particolare, e della scrittura, in generale, in un ambiente, e in contesti, sociali e culturali non molto progrediti, e al passo con i tempi, al riguardo; ho vissuto lutti e perdite tremende, subendo umiliazioni e pregiudizi, incomprensioni e blocchi psicologici, momenti di sconforto e di illuminazione, sempre lottando e lottando, affrontando, e spesso superando, difficoltà anche terribili, solitaria e in solitudine, sola e quasi misteriosamente guidata da uno strano e vago “istinto soprannaturale” che sembra come guidarmi e determinare, in…
Daniel Defoe (1670 – 1731) è lo scrittore che rappresenta l’inglese borghese dissidente del XVII secolo (la parola “dissidente” indica, in realtà, l’appartenenza ad una setta protestante non conformista, il ché avveniva soprattutto fra la classe mercantile inglese). La carriera notevolmente movimentata di Daniel Defoe abbraccia attività e progetti commerciali diversi, oltre a numerose imprese giornalistiche e incarichi anche di agente segreto svolti per conto del governo. Nel 1697 egli pubblico un “Essay on projects” (Saggio sui progetti) in cui avanzava un numero straordinario di proposte di ordine pratico, fra le quali una società intesa a “incoraggiare una cultura raffinata, a levigare e affinare la lingua inglese, a far progredire l’arte tanto trascurata dell’espressione corretta, a ripulire la lingua dalle aggiunte irregolari che vi sono state portate dall’ignoranza e dall’affettazione”. Proponeva anche di istituire un’accademia per le donne poiché diceva: “Io ho spesso pensato che fosse uno dei più barbari costumi del mondo il negare alle donne i vantaggi della cultura.” Nel 1701 Daniel Defoe pubblicò una satira in versi, “The true – born Englishman” (L’inglese autentico) in cui analizzava le composite origini del popolo inglese, a suo parere “una razza indefinibile ed eterogenea derivata da tutte le nazioni del…
Isaac Emmauilovic Babel (1894 – 1941), scrittore russo, uno dei più popolari della letteratura dell’era sovietica in Russia, caduto, ad un certo momento, in disgrazia presso il regime sovietico ai tempi di Stalin. Figlio di genitori ebrei, compiuti gli studi in una scuola commerciale, lesse e approfondì i classici russi e francesi. Iniziò a S. Pietroburgo la sua carriera di scrittore pubblicando, a partire dal 1915, i suoi primi racconti sulla rivista “Annals” dello scrittore Maksim Gorkij. Isaac Babel condusse una vita avventurosa e piena di contraddizioni. Militò nell’Armata Imperiale, nelle forze rivoluzionarie nella guerra civile e tra le fila della polizia segreta. Le sue esperienze militari, perciò, gli ispirarono racconti popolati di soldati nostalgici della vita civile (l’esempio più importante, dal punto di vista letterario, è il suo romanzo famoso “L’armata a cavallo” del 1923 – 25) oppure popolati di commercianti ebraici e gente del popolo, semplice ma anche caustica, da lui sempre narrati in ironici racconti nel colorito dialetto di Odessa, la sua città natale ( “I racconti di Odessa”, 1923 – 24). Il realismo delle sue storie di guerra fu aspramente criticato dal regime, quasi fosse una diffamazione degli eroi russi. Per questo divenne vittima dello stalinismo,…
George Gordon Byron, Lord Byron, (VI barone Byron) nasce a Londra (Gran Bretagna) il 22 gennaio 1788, morirà a Missoulungi (Grecia) il 19 aprile 1824, perciò quest’anno (2024) ricorre il bicentenario della sua morte. Byron, il poeta melodrammatico “sfruttatore” delle proprie emozioni; Byron, il poeta – rapsode della natura; Byron, il poeta idealista liberale in guerra contro l’oppressione politica; Byron, il poeta anarchico e ribelle ostentatamente nemico di tutti gli atteggiamenti morali convenzionali; Byron, il poeta aristocratico osservatore dei fatti storici; Byron, il poeta ironico; Byron, il maestro dei versi colloquiali; Byron, il poeta – creatore di un tipo di poesia narrativa e discorsiva abbastanza libera da consentirgli di commentare la vita e il costume contemporaneo ed anche il proprio carattere, il proprio fato, i propri gusti e i propri pregiudizi; Byron, il poeta sarcastico ed edonista che rifiuta di prendere sul serio se stesso o chiunque altro; Byron, il poeta romantico inglese che ha forse dato i dettami ad un’intera epoca; Byron, il poeta propugnatore del titanismo puro nell’arte e insieme nella vita. George Gordon Byron, Lord Byron, spietato contro se stesso quanto contro ogni forma di dispotismo e di coercizione, umana, politica, sociale, tenace difensore della libertà (forse,…
Maria Martino è nata a Palermo nel 1945, ma vive a Milano. Da sempre appassionata di scrittura, nel tempo ha scritto libri spaziando fra i diversi generi della letteratura. Fra i suoi thriller: “Carambola di delitti”, “Omicidi virtuali”, “Analisi omicida”; i suoi libri fantasy: “Il mistero dei Maya – Il sovrano non verrà condotto in Athlas”; fra le sue raccolte di poesie: “Parole in solfeggio”, “La lirica nasce dai suoni”. Ha ricevuto due attestati di benemerenza per il concorso nazionale per la Poesia “Premio Perini 2003” e “premio Perini 2009” a Milano. Francesca Rita Rombolà conversa con la scrittrice Maria Martino D – Maria Martino, pensa che il fantasy sia ancora, diciamo, un genere di “nicchia” in Italia, anche se negli ultimi anni ha avuto una certa diffusione piuttosto di massa? R – Penso che il genere fantasy piaccia a molti. Basta valutare quanto successo abbia avuto “Harry Potter e la pietra filosofale”, per esempio. D – Qual’è in fondo il tuo genere letterario preferito? Quello in cui la tua scrittura è più spontanea e fluida, ad esempio? R – Il mio genere letterario preferito è il thriller, ma leggo altri generi letterari e saggi scientifici. Scrivo volentieri thriller, anche…
Quinto Orazio Flacco (Venosa 65 a. C. – Roma 8 a. C.) è il poeta latino formulatore del famoso concetto “carpe diem / cogli l’attimo”, ma forse è meno conosciuto per un altro concetto più profondo e, diciamo, meno “solare”, cioè il senso del “niger”. Il termine latino niger può essere tradotto con nero, oscuro, notturno; in Orazio assume un significato piuttosto originale e complesso. Egli era, come tutti gli scrittori latini, introspettivo. Dalle sue opere non si ricava solo il suo ritratto fisico – un uomo del sud Italia (un meridionale, diremmo oggi) basso, corpulento, cisposo, scuro di pelle e precocemente ingrigito – ma anche, e soprattutto, quello psichico dominato da due tratti: irritabilità e irrequietezza. “Non sai stare un’ora con te stesso, ma fuggi da te cercando di eludere l’ansia col vino o col sonno: invano, ché essa, nera compagna, ti sta sempre alle costole”, si fa dire, dal servo Davo, promosso, per l’occasione, a voce della sua coscienza. Questa “nera compagna” ha una certa predilezione inconscia nel poeta, e il termine niger vi compare spesso nella sua intera produzione letteraria: per sottolinearne alquanto il senso profondo e quasi celato alla coscienza. Perché questa predilezione? Perché forse, come…
I popoli parlano, le nazioni hanno una loro lingua ufficiale, le genti si esprimono in dialetti e in idiomi propri. L’uomo, il genere homo, l’homo sapiens sapiens parla, comunica, si esprime; e con ciò e per ciò ha costruito e costruisce la civiltà e le civiltà. Molti e differenti sono i linguaggi, ma determinati i suoni che formano le parole e articolano la lingua. Il linguaggio avvicina all’altro. Il vicino e il lontano, per mezzo della lingua, sono esseri umani che guardano il cielo e oltre il cielo. La parola sente, percepisce, esplica infine la presenza (di Dio, degli dei, del destino, del Tutto è inerente all’individuo e alle sue credenze). Le lingue dei popoli sono innumerevoli, molte estinte perché le etnie non sono ormai più da secoli; molte parlate ancora da pochi; moltissime veicolo di comunicazione orale per milioni e milioni in tutto il mondo. Le lingue si evolvono, si trasformano, diventano irriconoscibili e nuove, seguendo un percorso più o meno analogo alle civiltà che nascono, crescono, si sviluppano e scompaiono come ogni cosa nell’universo conosciuto (le galassie, i sistemi solari, le stelle simili al sole o diverse dal sole, i pianeti). L’uomo è l’unico animale che parla (sulla…
Fragore e caos, strepito e sfrenatezza, questo e molto altro si alternano nel mese di agosto, al culmine dell’estate, per chi può godere di un periodo di riposo, non sempre utilizzato al meglio e nel rispetto dell’altro, per chi soffre a causa di guerre, di malattie, di solitudine, di povertà e di altri mali che spesso l’uomo trasforma in endemici. C’è bisogno di silenzio. Un silenzio fatto di riflessione e di un cuore che batte, ed ogni battito assapora la ricchezza spirituale del tempo che rallenta per dare riposo vero e pace all’essere talvolta stanco, talvolta sfinito, talvolta incapace di capire e di vivere normalmente e naturalmente. C’è bisogno di silenzio. Il “bisogno” del silenzio dei cuori affranti e dei cuori in disparte, ma comunque di tutti i cuori che ancora battono in modo umano e sperano nell’umanità ferita, imbrutita, piegata. Sperano nel suo riscatto, nel suo miglioramento, nelle sue capacità di resilienza per ricominciare ancora all’aurora di un giorno radioso. Il silenzio dei cuori Lasciate che la terra fruttifichi e fiorisca, lasciate che l’acqua lavi e rinfreschi le pietre e il fango, lasciate che l’aria respiri lieve sul giorno e la notte, lasciate che il fuoco riscaldi dal freddo…
Il titolo di questa poesia famosa è preso dal poeta latino Ovidio: “Stabat nuda aestas”/Stava nuda l’estate. Il poeta Gabriele D’Annunzio vuol dare il senso della stagione estiva, del solstizio d’estate, che si diffonde e impregna di sé la natura animandola e colmandola pienamente. L’estate appare, dunque, al poeta come una figura femminile, dapprima intravista tra i pini, nell’afa e nel silenzio, quindi raggiunta fra argentei ulivi e nelle stoppie, e infine scoperta nella sua grandiosa nudità, così come recita il titolo, oltre il falasco, sulla riva del mare, in mezzo alle alghe, la sabbia e la bianca schiuma delle onde. L’estate è quasi come una “creatura vivente” (una donna bella, sfuggente, sempre adolescente e con lunghi capelli ) che si rivela poco a poco, dal bosco alla pianura, fino al mare: la si sente nell’afa e nel silenzio delle ore più calde intorno al mezzodì, nell’odore del serpente, che la ama particolarmente per il caldo avvolgente che genera, nel canto dell’allodola, che ringrazia del tempo felice, nel crepitìo secco del falasco, nell’immensa e aperta distesa della spiaggia con il mare tranquillo e pigro sotto i raggi infuocati del sole. E’ una poesia fatta più di sensazioni che di descrizioni,…
La Romania trae la sua origine dall’antica Dacia, che fu eretta in provincia romana dall’imperatore Traiano nel 107 d. C. I romani occuparono la regione soltanto per un secolo e mezzo (107 – 274), ma questo fu sufficiente perché la popolazione locale, amalgamatasi con veterani e coloni, si sentisse spiritualmente appartenente all’area della civiltà latina e preservasse nei secoli, nonostante la secolare dominazione turca, le invadenze russe, l’influsso del mondo greco – ortodosso, una lingua prettamente neo – latina o “romanza”, incrinata ma non snaturata dall’apporto di vocaboli appartenenti al lessico di popolazioni cui essa fu soggetta o con cui venne in contatto, come gli slavi del nord, gli albanesi, gli ungheresi, i turchi ottomani. Ancora oggi, dopo tante vicissitudini storiche, lo spirito di autonomia dei romeni e l’originalità della loro cultura sono testimonianza sicura di un orgoglio nazionale spiccato e di una tradizione che ha radici assai remote nei secoli. Nella prima metà dell’Ottocento la letteratura romena, che si configura, anche per le ragioni cui ho accennato, assai più complessa e più vicina al mondo occidentale di altre letterature balcanico – danubiane, fu caratterizzata da forme di notevole romanticismo, non senza altrettanto notevoli influenze della cultura francese cui si…
Nella voce del mare, eterna, selvaggia, il poeta bulgaro Georgi Sejtanov (1896 – 1925), che per i suoi sentimenti rivoluzionari e pacifisti dovette rifugiarsi all’estero per sfuggire alle persecuzioni della polizia del suo paese e che venne fucilato al momento del suo ritorno in patria, dove imperavano governi reazionari pronti a servirsi dei metodi repressivi più crudeli contro i democratici e i rivoluzionari, sente il tormento di una vita agitata da un’ansia perenne come di chi aspiri al sublime e all’eterno, caratteristiche proprie di qualunque poeta autentico. E’ un paesaggio sconvolto, tempestoso e, nello stesso tempo, amico quello che egli ci presenta nella poesia “Il mare”; in questo paesaggio, infatti, il poeta, eroe della lotta contro la dittatura, vede e “sente” l’immagine del suo stesso animo tormentato anelante agli ideali più alti, tenace nel portare se stesso e la società verso un mondo migliore al quale soltanto i più generosi e i più sinceri aspirano. Dal mare molti venti nascono e sul mare possono liberamente scatenarsi. Le onde alte e tempestose sembrano al poeta fiammate e la loro spuma il guizzo di un fulmine. Il mare è bello e meraviglioso in ogni stagione dell’anno, dona sollievo e riposo nei momenti…
Soffia il vento. Il vento caldo del Sud. Il vento caldo, da un mare Mediterraneo da sempre e sempre, nella sua storia plurimillenaria, protagonista di tragedie e di rovina, di conquiste, di vittorie e di sconfitte, di flussi e di riflussi, di rotte avventuriere o meno per i molti popoli che si affacciano, con le coste dei loro territori, sulle sue onde azzurrissime talvolta quiete talvolta in tempesta.Soffia il vento. Dalle isole Eolie. Le antichissime isole del vento, dove un dio caparbio e irruento (Eolo, dio dei venti per i popoli preellenici ed ellenici), che ha il dominio sui venti di ogni direzione, risiede ancora nella sua strana dimora surreale fatta di vento e di venti che si dipartono in ogni angolo del pianeta. Ho imparato, fin da piccolissima, a conoscere “questo” vento che soffia sempre dal mare, sale dal promontorio di Capo Vaticano e si concentra in grandi masse proprio sulle colline soffiando molto forte per giorni, fino a quando cessa improvvisamente per lasciare soltanto una flebile memoria del suo passaggio. L’ho odiato (e lo odio) ma soprattutto l’ho anche amato (e lo amo). Oggi penso che forse non sarei riuscita a scrivere molte delle mie poesie senza la…
Jònas Hallgrimsson (1807 – 1845) rappresenta l’eco della poesia romantica nella lontana Islanda, di cui cantò antiche leggende e descrisse il paesaggio tanto amato. Nella sua poetica è presente una certa nota patriottica: il poeta esalta, infatti, l’Islanda antica contrapponendola a quella dei suoi tempi. Nella poesia “La nostra terra” sono manifesti i temi più cari al poeta, espressi con forza e vigore, anche se vi risuona una certa malinconia, tipica dei poeti romantici, insieme a un sottile rimpianto, per le glorie del passato. L’Islanda è terra ricca di vulcani. E’ formata da campi di lava la pianura nei dintorni di Thingvellir dove, nel 930 d. C., si riunì la prima assemblea legislativa islandese, la più antica d’Europa, l’Althing, e dove il bardo e capo guerriero Snorri Sturlsson piantava la propria tenda (egli fu fatto uccidere dal re di Norvegia nel 1241 che, in seguito, riuscì a farsi eleggere re degli islandesi). Il sacro monte Longberg è ormai dimenticato, esso fu la così detta “rupe delle leggi” dall’alto della quale il dicitore del diritto nordico, il Logsoguman, recitava davanti all’Althing tutte le leggi del regno. Vi incombe su tutto ciò l’oblio … e sull’oblio il canto del poeta che sconfigge…
Ismail Kadaré, il più importante scrittore albanese, nasce nel 1936 ad Argirocastro, nel sud dell’Albania e muore il 1 luglio 2024 a Tirana, la capitale. Perfeziona al’Istituto Gorki di Mosca, vivaio di scrittori e di critici letterari, gli studi iniziati alla Facoltà di Lettere di Tirana. Nel 1960, dopo “lo strappo” dell’Albania dall’Unione Sovietica, rientra nel suo Paese dedicandosi al giornalismo e pubblicando con grande successo alcune raccolte di poesie. Nel 1963 da alle stampe il suo primo romanzo, “Il generale dell’armata morta” (dal quale è stato anche tratto un film di successo con l’attore italiano Marcello Mastroianni), viaggio grottesco nella follia della Seconda Guerra Mondiale, grazie al quale si afferma sulla scena letteraria anche oltre i confini albanesi. La sua fama si consolida negli anni Settanta e Ottanta con una serie di romanzi fra i quali “I tamburi della Pioggia”; “La città di pietra; “Il palazzo dei sogni”, straordinarie narrazioni epiche, allegorie della tragica storia albanese sempre lacerata tra l’Occidente e l’Oriente. Il regime comunista di Tirana esercita sulle sue opere una censura sempre più severa. Consapevole che “la dittatura è incompatibile con la letteratura”, Ismail Kadaré, nel 1990, sceglie l’esilio politico a Parigi, in Francia, e segue le…
Friedrich Holderlin (1770 – 1843), fra i massimi poeti del romanticismo tedesco ed europeo, ebbe un senso vivo e commosso della natura che sentì, e percepì, come una presenza divina attorno all’uomo. E proprio nell’ampio e libero respiro della natura il poeta ode l’alito fremente della libertà e il caldo vincolo della fraternità umana. Nella poesia “Le querce” sono presenti questi due momenti della sua ispirazione profonda e intensa: l’amore della natura e l’affetto per i suoi simili. Quest’ultimo sentimento gli impedisce, però, di raggiungere quella libertà astratta, quasi assoluta, tanto cara ad altri poeti romantici, che equivale in realtà alla solitudine e alla fuga dalla società e dai suoi problemi. Il poeta sale dalla città, in cui la natura è come “imbrigliata” dagli uomini e dalla loro civiltà, sulle montagne dove crescono libere, vigorose e possenti le querce. Nella sua vibrante quanto infinita immaginazione sembrano a lui le querce dei Titani, i giganti della mitologia classica, figli della Terra e del Cielo. Negli ultimi versi della poesia, soprattutto, vi è espresso il dissidio (tutto romantico) fra l’amore individuale della libertà e lo spirito della convivenza sociale. La quercia è, fin dall’antichità, così cara a tutti i popoli dell’Europa ……
Lo spessore morale, la tensione lirica, la forza evocativa della parola poetica di Mario Luzi (1914 – 2005) trovano in questa poesia, “Nel mese di giugno”, un’evidente esemplificazione: si osservi, infatti, con quale efficacia espressiva il poeta riesca, prima, ad offrire al lettore un panorama, non esteriore, ma tutto interiore, della città che, dopo la breve notte di inizio solstizio estivo, si ridesta alla luce frecciante (termine decisamente poetico) di giugno e resta come in attesa, e poi fa sentire “l’urgenza”, la necessità quasi, la realtà piuttosto tangibile di Dio; allora la nostra solitudine, le prime luci che colpiscono come frecce la calma del crepuscolo nell’ora che separa il lavoro giornaliero dal riposo notturno, l’istante del tempo infinitesimale che ancora non permette il riposo e il corpo stanco deve raccogliere le ultime energie, quando la rondine festosa non garrisce più ed ancora l’assiolo non ha iniziato il suo canto notturno, in questa pausa – dunque – tra i suoni del movimento, della vita, e il loro permanere solo come eco e ricordo (sopravvivenza) la presenza del Divino si manifesta quieta eppure forte venendo incontro “in veste di randagio/d’infermo/di bambino tribolato”, che quotidianamente ripete: “la virtù quando non giunge/fino all’amore è…
Talvolta i sogni si realizzano, talaltra invece sono destinati a rimanere vaghe chimere senza testa, oppure a volte può capitare perfino che si realizzino fin troppo finendo per trasformarsi in accordi musicali sghembi e disarmonici, ghiotta preda, così, di nemmeno troppo impetuosi soffi di vento – preludi di tempeste che possono spezzarli – e che in effetti finiscono inesorabilmente per farlo. “Gli accordi spezzati” (BastogiLibri, 2024) è il primo romanzo di Roberto Maggi, un autore che stimo e apprezzo e con il quale ho un rapporto epistolare piuttosto frequente, anche se discontinuo. Un romanzo (più o meno) sofferto nella sua stesura e nella sua messa a punto finale, ma che si rivela efficace e, a suo modo, brillante nella struttura. La copertina accattivante (peraltro realizzata da una foto dello stesso autore) sa creare un effetto artistico sicuro che colpisce l’occhio attento e a caccia di segnali d’arte. “Gli accordi spezzati” di Roberto Maggi è un romanzo non lineare, e tuttavia fluido come l’acqua che si adatta a qualunque forma, la cui scrittura colta è in grado di penetrare nell’anima e di stimolare la mente verso l’apertura e la profondità. Roberto Maggi racconta storie nel suo romanzo, storie fatte di vissuti…
Angelo Tonelli è studioso del mondo greco antico. Fra le sue opere principali: “Oracoli caldaici” (Coliseum 1993; Rizzoli 1995 e 2005); “Eraclito, Dell’Origine” (Feltrinelli, 1993, e ristampa riveduta 2005); “Properzio, Il libro di Cinzia (Marsilio, 1993, quattro edizioni); “T. S. Eliot, La Terra Desolata e Quattro Quartetti” (Feltrinelli, 1995, sei edizioni, con ristampa riveduta per il 2005). I suoi lavori sui tragici greci sono raccolti in un’unico cofanetto di millesettecentocinquanta pagine, ossia: “Tutta la tragedia greca” (Marsilio, 2007). Angelo Tonelli è anche autore di opere filosofiche, teatrali e poetiche, ed è intervenuto in numerosi programmi culturali della Rai. Francesca Rita Rombolà dialoga, per poesiaeletteratura.it, con il professore Angelo Tonelli. D- Professor Tonelli, cos’è stata, e cos’è oggi, nei primi decenni del ventunesimo secolo, la Poesia? R – La Poesia è stata impulso vitale, conoscenza completa dell’uomo, parola che unifica ed eleva, che sconvolge e insieme coinvolge, che crea e trasforma l’interiorità umana. I poeti dell’antica Grecia hanno plasmato un mondo ostile e ferino trasformandolo nella grandiosa civiltà che tutti conosciamo. La Poesia oggi? Nel ventunesimo secolo? La Poesia è un’urgenza antropologica la cui presenza nella società caotica e tecnologizzata non può essere più rimandata, pena la fine della civiltà e…
Una silloge poetica piuttosto originale in cui il linguaggio rimanda a una pluralità di significati inerenti al post – moderno che viviamo quotidianamente e dentro il quale siamo immersi. “40+1 – Quaranta poesie e un monologo” (Edizioni Controluna, 2023) di Anna Maria Benone è un volume agile e scorrevole (confesso che è stato davvero un piacere leggere queste poesie), piuttosto semplice nella forma e nella struttura semantica di ciascun verso ma che tuttavia sottintende un messaggio chiaro di fratellanza, di amore universale, di vicinanza con chi soffre e ha, o ha avuto, esperienza del dolore anche in modo estremo. Ecco la poesia che apre la raccolta: “Tempo lento” – Passato/culla del futuro./Incanto di una nuova speranza. In pochi versi essenziali vi si concentra il tema del futuro, che infonde speranza perfino nel caos e nell’incertezza del momento attuale. E poi: “Memoria” – Nel candore di/una pagina/il nero di/un pensiero/foglio/penna/giro di vite. Forse la penna è, ciò malgrado, una violenza perpetrata sulla pagina bianca simbolo di purezza, anche se, per mezzo di tale atto creativo, si vuole conservare la memoria, che è sempre un bene per l’uomo. Altra poesia: “Sul ciglio” – Strada nera/catrame cocente/vite assetate./Sul ciglio/un fiore/il richiamo della natura….
Il 3 giugno 1924 muore, a soli quarantuno anni, a Kierling, Klosterneuburg (Austria), Franza Kafka uno fra i maggiori (a mio modestissimo parere proprio il maggiore) scrittori del ventesimo secolo che più di ogni altro, di questo travagliatissimo secolo, ha dato voce ed è stato espressione capillare delle inquietudini, delle paure, delle fobie profonde e ancora sconosciute dell’uomo moderno ma, direi, soprattutto dell’uomo post – moderno sfociante nel Transumanesimo, nell’era del dominio assoluto della tecnica, del calcolo, del denaro. Poche e semplici parole per ricordarlo. I suoi romanzi più celebri e più conosciuti, “Il processo” e “Il castello”, toccano vertici di letterarietà e di acume mentale davvero elevati; non vi è un modo esatto e preciso, per la critica letteraria, di ieri come di oggi, per entrare nel cuore di queste due strutture linguistiche, simboliche e metaforiche per eviscerarle e scandagliarne appieno il senso, l’enorme portata, l’oscuro e forte messaggio per l’Europa, per l’Occidente, per l’uomo, per l’umanità; qualunque tentativo, infatti, cozza da sempre contro ogni metodo come contro ogni trovata pseudogeniale di interpretazione. L’intera opera letteraria in sé di Franz Kafka è arguto enigma e sottile mistero, luce e tenebre insieme, calore e gelo intercalanti, misto di dolcezza sinuosa…