“Il mistero del Poeta” di Antonio Fogazzaro (1842 – 1911) è stato definito il romanzo della passione italiana e della nostalgia esotica; ed è anche stato detto che in tutta la storia della letteratura italiana (attraverso i secoli) non è mai, in fondo, comparso, dopo il Petrarca, (periodo Medioevale) un libro – romanzo d’amore tanto schietto, immediato, vibrante, doloroso e insieme umano. E’ l’amore del Poeta, un italiano ardente, che narra in prima persona la vicenda della sua passione per una ragazza, Violet Yves, figlia di un pittore inglese, ma orfana, stabilitasi con gli zii in Germania dove si è promessa ad un professore tedesco. Le vicende della passione dei due giovani hanno note davvero intense e drammatiche in un susseguirsi di struggimenti e confessioni reciproche. La conclusione sarà tragica: la morte improvvisa per sincope di Violet quando, appena iniziato il viaggio di nozze, assisterà ad un colloquio piuttosto violento fra il marito, il Poeta, e l’uomo del suo primo amore che l’aveva sedotta e abbandonata. Pagine strazianti (fra le più strazianti dell’intero romanzo) quelle che preludono la morte di Violet: cupe, indefinite, nebulose che si intrecciano poi con altre di una sensualità languida e delicata a un tempo, sulle…
Santo R. Saraco nasce a Locri nel 1988. Nel 2013 conosce Francesco Benevento, musicista, con il quale da vita al suo attuale gruppo musicale, i Nostrana, nel quale è percussionista e autore, in parte, dei testi. Nel 2014 pubblica la sua prima raccolta di poesie “A cosa servon le parole”. Nel 2016 pubblica la sua seconda raccolta di poesie, “Vagabondo”, arricchita da disegni creati dall’amica e artista Lara Gregori. Dall’incontro, sempre nel 2016, con la regista e performer Amalia De Bernardis e con l’attrice Martina Manera nasce, nel 2017, CONCERTATO – uno spettacolo teatrale di poesia e corpo, ispirato e tratto dalle sue opere, che viene portato in scena nella stagione 2017 – 18 in varie rassegne, teatri e locali. Nel 2018 pubblica la sua terza raccolta di poesie “My name’s Histoire” e, nel 2020, pubblica “Stand By”, una raccolta di storie, canzoni e poesie con illustrazioni di artisti vari. Nel 2023 alcune opere di Santo R. Saraco vengono scelte dalla coreografa e ballerina Fanny Genna per dare vita ad uno spettacolo di danza e teatro, FREEWOMAN, con tema la violenza contro le donne, che lo vede fra i protagonisti. Nel 2025 pubblica “Malanova Express”, la sua nuova raccolta di…
Accolto, fin dal suo primo apparire, con molto fervore dalla critica, e premiato con il Premio Strega nel 1977, il romanzo “La miglior vita” di Fulvio Tomizza (1935 – 1999), del quale quest’anno ricorre il novantenario della nascita, è stato giudicato da diversi critici letterari il più completo fra tutti quelli scritti e pubblicati da questo autore il quale, impegnato in una narrativa essenzialmente tradizionale, coerente e fedele alla matrice di “scrittore di frontiera”, continua a raccontare ancora, come negli altri suoi romanzi, la storia della sua terra istriana lungo un preciso itinerario artistico e umano. Il romanzo è la rievocazione in prima persona che Martin Crusich, il sagrestano di una piccola parrocchia istriana di confine, dalla parti di Buje e di Umago, fa di quella che è stata la vita della parrocchia stessa dagli inizi del secolo ventesimo fino agli anni ’70 dello stesso, attraverso la presenza e l’alternanza di sette parroci (molto diversi per origine, carattere, virtù e vizi) che si sono succeduti nel corso degli ultimi decenni e a cui Martin è stato vicino in modo costante. Datate, appunto, agli inizi dell’anno 1975 sono le righe che il vecchio sagrestano scrive con la mano stanca e che…
E’ un tempo che annuncia il raccoglimento interiore. Un tempo per meditare e per riflettere su se stessi e su tutto ciò che ci circonda. Un tempo che avvicina di più a noi i nostri cari morti … una vera festa tutta per loro. Dedicata a loro. Perché la luminosità dei loro occhi vivi entri nei nostri e non si spenga mai. Perché ciò che ci rende consapevoli e forti nelle avversità possa essere fresca sorgente per il loro spirito e quiete per la loro anima. Un tempo e un giorno elargiti per chi amò e praticò la pace e la giustizia, il bene e la verità, percepì il senso profondo dell’umano patire e dell’umano agire. Nello splendore e nella gloria luci che muovono verso chi le scorge – anche e ancora – in lontananza … poiché il vicino e il lontano non arretrano di fronte all’inesorabile che, a volte, sembra sovrastarci e renderci impotenti. Così l’autunno apre le sue porte, e ci invita ad entrare pienamente nella sua bella e modesta dimora. VOLTI CHE PIU’ NON VEDI Silenti i crepuscoli serali, di un rosso acceso le nubi trascolorano a Occidente nella quiete che precede la sera. Fra poco la…
Il romanzo “Le stelle fredde” di Guido Piovene (1907 – 1974) è quasi una sofferta meditazione sulle condizioni esistenziali dell’uomo di oggi (forse perfino oltre il post – moderno), esposta senza preoccupazioni di ordine prettamente “narrativo”, nel senso che il romanzo vuole essere voce diretta, forse meglio, quasi “pensiero scritto” del travaglio interiore dell’autore, attento a ricostruire un lucido, ma piuttosto negativo, bilancio delle sue esperienze e dei casi degli altri uomini. Il protagonista di “Le stelle fredde” narra come, dopo aver troncato ogni legame con il passato, specialmente quello affettivo, in seguito all’abbandono dell’amante, si ritira in campagna, nella casa avuta in eredità dal nonno, e dove sta, solo, suo padre. Ma il rapporto con il padre non sarà per niente facile; per questo egli si isolerà sempre di più e andrà a vivere nella stanza più lontana e scialba del palazzo intorno al quale si estende una campagna ampia e luminosa. Ma nel palazzo e fuori succedono cose davvero strane; fra l’altro un giorno viene trovato morto, ucciso in circostanze misteriose, una persona che precedentemente aveva tentato di uccidere il protagonista. Questi allora, sospettato di essere l’assassino, si nasconde in un luogo solitario dove incontra (per caso?) un…
Proprio fresco di stampa, addirittura freschissimo (forse sono una delle prime lettrici affezionate ad averlo letto), ecco il terzo romanzo di Adele Costanzo sul Grand Tour dal titolo “Il burò delle persone scomparse” (Readaction Editrice Roma, settembre 2025). Adele aveva promesso di scriverlo. E lo ha fatto. Il volume è ben curato nei dettagli tecnici. Presenta una bellissima copertina con sfumature di azzurro che si alternano a colori pastello, catturando l’occhio fin da subito; pagine ampie e ben “squadrate” e dei caratteri di scrittura legibilissimi, anche a persone anziane e con problemi di vista. Ritroviamo gli stessi personaggi (Antonia, Henri, Bachume, Florentin e adesso il figlio Didier) degli altri due romanzi, ma trenta anni dopo! E’ il 1746. Primavera. Il gendarme Florentin, insieme al figlio Didier e alla moglie di lui, ha messo su un burò delle persone scomparse, perciò Antonia ed Henri si rivolgono a loro l’una per cercare la sorella Annetta, scomparsa molti anni prima, l’altro il figlio naturale, Armand, che ora dovrebbe essere un giovane ben piantato. Le loro vicende in questo volume si svolgono tra la Francia del Nord (Normandia e Bretagna) e il Piemonte (con una breve sosta a Genova e una sortita in Spagna)….
Sonia Giovannetti è poetessa, scrittrice saggista e critica letteraria. Fa parte di molte associazioni promotrici di arte e letteratura, è membro e presidente di giuria a premi letterari nazionali, internazionali e in alcuni istituti di istruzione secondaria. Numerose poesie, racconti e saggi sono stati pubblicati da testate giornalistiche, riviste, antologie letterarie e raccolte poetiche. Sul periodico di informazione “Il Nuovo” ha curato, con i suoi componimenti, la rubrica letteraria “In punta di penna”. Della sua poesia si sono occupati illustri letterati e le sue opere hanno ottenuto il primo premio a molteplici concorsi letterari nazionali e internazionali per la Poesia, la Narrativa, la Saggistica e per l’impegno sociale. Fra i vari riconoscimenti le è stato conferito anche il “Certamen Apollinare Poeticum 2019” dall’Università Pontificia Salesiana, il premio “Caput Gauri 2019” e il premio speciale al Premio della Svizzera “Switzerland Literary Price” a Lugano 2024. Alcune sue opere sono state tradotte in inglese, azero, cinese e spagnolo con una pubblicazione nel 2024. Le opere di narrativa di Sonia Giovannetti: “Le ali della notte” (Armando Curcio Editore, 2014); di poesia: “Ho detto alla luna” (Aletti Editore, 2012), “Tempo vuoto” (Tracce Editore, 2013), “Un altro inverno” (Kairòs Editore, 2015), “Dalla parte del tempo”…
In questa poesia, dal titolo “Autunno”, il poeta Vincenzo Cardarelli (1887 – 1959) descrive le sensazioni che si succedono nel suo, e nel nostro animo, all’avvicinarsi dell’autunno, avvertito con un certo doloroso stupore già nei presagi del vento di agosto, nelle improvvise e intermittenti piogge di settembre, in particolari giornate di sole pallido e incerto, con nuvole in cielo bianche ed enormi che corrono come branchi di cavalli selvatici in una steppa preistorica, quando sembra che la terra tutta, ormai priva della sua lussureggiante vegetazione estiva, sia attraversata da un brivido di freddo sottile e breve più dell’attimo. L’autunno, che via via lentamente scorre, si porta seco i giorni lieti e felici, vigorosi e ardenti, complicati eppure semplici, sofferti e insieme liberi: perciò, in questa stagione, si riflette con amarezza il declino della gioventù, che ci saluta un poco beffarda forse; dolorosa metafora, ahimè, dell’inesorabilità e della velocità del tempo che passa lasciando su di noi i segni , sia fisici che mentali, del suo tocco impercettibile. “Autunno” è una poesia intensa e raccolta, ricca di sfumature disincantate e tristi nonché di palese amarezza; espressione veramente sofferta di chi vede, con nostalgia, spegnersi poco alla volta l’età più bella. Le…
Daniela Ferraro Pozzer è nata a Napoli nel 1963 e vive a Roma dove, da oltre venti anni conduce giochi di ruolo da tavolo, inventandone trame e ambientazioni. Nel 2013 pubblica il suo primo romanzo “La Locanda della Quercia Incantata” (Acar Editore), cui hanno fatto seguito “Il Libro di HennetH” e “Il Signore delle Tre Lune” (GDS Editrice). L’intera saga si intitola “Le Storie della Locanda”. Ha scritto racconti brevi premiati e pubblicati su diverse antologie. Nel 2019 esce il suo primo romanzo breve “L’amabile Elèna – Il diario delle conseguenze” (Echos Edizioni) e, nel 2022, “Facili impronte” (GPM Editore). In collaborazione con Antonella Turchetti, ha pubblicato anche due saggi: “La Filastrocca dei 13 Folletti” (Echos Edizioni, 2017) e “La Filastrocca delle 13 Fate” (Echos Edizioni, 2020). Nel 2024 Daniela Ferraro Pozzer pubblica il romanzo “Inseguendo Hamelin” (Marlin Editore). Pagine Facebook dei libri fantasy: https://www.facebook.com/LaLocandadellaQuerciaIncantata/; https://www.facebook.com/IlLibrodiHennetH/; https://www.facebook.com/ilSignoredelleTreLune/; https://www.facebook.com/LeFilastrocchediNonnaGnoma/ Francesca Rita Rombolà conversa con la scrittrice Daniela Ferraro Pozzer. D – Daniela Ferraro Pozzer, mi pare di capire che le tue preferenze di scrittrice vanno al genere fantasy, perché? R – I miei fantasy hanno delle caratteristiche particolari: potrebbero essere dei thriller, se non appartenessero a questo particolare genere, che io…
Talvolta i giorni che si ripetono ciclicamente sono lieti, talvolta invece tristi, anche se in apparenza non vi è motivo di tristezza alcuna. Talvolta l’atmosfera che in essi si respira ti riporta indietro nel tempo (può essere del tutto normale) a vissuti che non si potranno mai dimenticare, ma che credevi di aver perso per sempre in qualche angolo oscuro dell’inconscio; tutto è uguale come sempre; tutto in fondo si ripete quasi identico in ogni cosa, eppure non è come prima. Non è più come prima. Qualcosa, anche di impercettibile, è mutato. Muta ogni volta. La stessa atmosfera ha un qualcosa di imperscrutabile e ineluttabile che si percepisce appena. Ma si percepisce. Senti vicino a te la presenza viva di chi ti amò e ti volle bene e ormai non è più; senti quel calore interiore che ti faceva “danzare nell’aria” nell’infanzia e nell’adolescenza al solo respirare l’aria, al solo guardare il cielo, al solo udire i suoni, al solo sentire gli odori, al solo guardare la magia collettiva dei colori, l’ondeggiare delle persone di ogni età per vie e piazze, angoli di mercato e di spettacoli di strada. Tutto ritorna. Ma forse non è mai veramente del tutto identico….
Belli. Forse di più. Bellissimi. I bellissimi frutti di settembre. Protetti dalla loro sottile corazza di ancor più sottilissime spine, forse per proteggersi dall’umidità dei crepuscoli, forse dai predatori animali, forse da mani umane non sempre “delicate” nello strapparle alle foglie di cactus. I fichi d’india … frutti ormai endemici da secoli delle estreme regioni meridionali della nostra penisola. I fichi d’India … frutti che maturano nei giorni tiepidi e luminosi di settembre, alle sue brezze marine, ai soffi del suo vento (lo Zephiro degli antichi greci e latini) lieve e gentile nel tocco ultra millenario. I fichi d’India … frutti che sanno di tenace resistenza agli elementi naturali più minacciosi e di terre lontane, di culture ancora deste e regali, di giorni dolorosi e di dolcezze inconsce mai sopite. Frutti di settembre. Sì. I bellissimi ed esotici frutti di settembre. FRUTTI DI SETTEMBRE Quasi nascosta come in ombra, ancora tenace e ormai solitaria fra alberi e arbusti di un habitat naturale ed endemico forse unico, forse diverso da molti altri; l’ho vista passando, e il mio sguardo perspicace l’ha sfiorata la sola pianta di fico d’India rimasta su una collina che molte ne ha viste crescere rigogliose, e morire…
Dario Morandi è nato a Milano l’1 dicembra 1969. Grazie a un amore innato per la lettura e a una insaziabile curiosità, nel suo percorso di crescita, che si potrebbe definire “gnostico”, legge centinaia di libri dai generi e dagli argomenti più disparati: dal romanzo di intrattenimento ai saggi di divulgazione filosofica e scientifica. Nel 1993 si trasferisce a Los Angeles (USA) e frequenta i corsi di musica presso il prestigioso M. I. T. diplomandosi con “honores” in batteria e percussioni. Dario Morandi ha pubblicato i seguenti romanzi: “La terza elica” (2018); “Flat” (2020);”Il dominio degli Arconti” (2022); “Il quinto comandamento” (2025). Sito ghostwriter https://sites.google.com/view/dario-morandi-ghoswriter/home-page; canale youtube utttps://www.youtube.com/@DarioMorandi8686/videos; telegram https://www.istagram.com/morandi dario copywriter; tiktok https://www.tiktok.com@dario.morandi? t=ZN-8xm53nVa3S0&i=1 Francesca Rita Rombolà dialoga con Dario Morandi per poesiaeletteratura.it D – Dario, iniziamo questo dialogo per poesiaeletteratura.it parlando dei tuoi romanzi e di uno in particolare, cioè “Il dominio degli Arconti?” R – Ciao, Francesca Rita. Permettimi innanzi tutto di ringraziarti per avermi ospitato sul tuo bel blog, che ritengo un’attività di divulgazione della poesia e della scrittura davvero ammirevole. Per rispondere a questa prima domanda, ti dirò che hai citato quello che, fino ad ora, è il lavoro che mi ha…
La mescolanza delle culture, le loro congiunzioni e concrescenze, la loro impermeabilità, la loro presenza, il loro esserci, i loro differenti ritmi insegnano all’uomo molte cose. Al poeta e romanziere lituano Czeslav Milosz diedero, prima di ogni altra cosa, il senso della distanza, molto importante per un artista, in particolare, per un intellettuale in generale. Quando le culture stanno una accanto all’altra in uno spazio dato, tanto più chiaramente è possibile percepire la loro relatività nel tempo. “Le civilizzazioni sanno che esse sono mortali”, questa frase del poeta francese Paul Valéry non è del tutto retorica. Tuttavia (sembra quasi un paradosso) le civilizzazioni insieme alle culture posseggono una resistenza e una vitalità che, in fondo, nemmeno esse sospettano intrinsecamente. Un osservatore attento si accorge che certi archetipi culturali, connessi con l’essere più profondo dell’umanità, non possono essere distrutti. Questi archetipi si ripetono come le immagini del fiume e del cielo, del vento e della pioggia, del giorno e della notte. Resta poi da creare, inventare una poetica adeguata anche a catastrofi in grado di rovinare le culture, e ciò, in modo sorprendente, per la forza stessa di resurrezione delle culture. Nell’opera “La mente prigioniera” Czeslav Milosz affronta proprio questo problema…
Grazia Deledda scrittrice sarda (1871 – 1936), Premio Nobel per la letteratura nel 1926, ha saputo, per mezzo delle sue opere, penetrare e far rivivere il mondo spirituale e la realtà sociale e umana della sua gente e della sua terra, di una Sardegna cioè ancora rurale e patriarcale, aspra e selvaggia, a volte violenta eppure con una voglia di riscatto e di cambiamento enormi. Diverse le sue opere nei contenuti, nella forma stilistica, nella trama, nella rappresentazione degli avvenimenti più cruciali nella vita di una persona. “L’edera” è forse il romanzo di Grazia Deledda che descrive con maggior enfasi una realtà patriarcale e atavica tipiche dell’isola. Vi si narrano le drammatiche vicende che hanno per sfondo una grande casa antica in cui vivono i discendenti di una famiglia decaduta, i Decherchi, fra i quali rimangono ancora figure di uomini d’altri tempi, “di patriarca e di soldato di ventura”. In questa casa abitano anche un vecchio parente ammalato di asma, zio Zua, di cui si aspetta la morte per riceverne l’eredità, e Annesa, figlia adottiva dei Decherchi, che l’avevano trovata abbandonata, e ora è incaricata di assistere il vecchio malato. Annesa, una bellissima ragazza, è innamorata di Paulu l’ultimo discendente…
Gli ultimi giorni di agosto. Quasi sempre temuti, quasi sempre aspettati. Temuti perché forse finisce un momento prolungato di svago e di vacanza fatto di balli notturni, di sagre paesane, di tanto mare e di tanto sole, spesso di calura, di pranzi e di cene luculliane in compagnia di amici e in posti che ricordano una spensieratezza spesso fanciullesca, ma anche di lunghe camminate in solitaria e di uno strano silenzio interiore in netto contrasto con gli schiamazzi quotidiani e notturni di un mese che si vuole dedicato al riposo totale e un poco anarchico in ogni cosa … almeno nei paesi mediterranei. Aspettati perché ritorna una quotidianità perduta che in un certo senso rende sicuri, e tiene al sicuro dal caos e dalla rottura degli schemi. Bello notare come in questi ultimi giorni di agosto le albe si siano allungate e i tramonti accorciati, mentre i crepuscoli mattutini e serali riservano al sole dei raggi sottili e improvvisi come una lama dal bagliore istantaneo su una superficie eterea che rimanda alla riflessione o all’apatia. Non è tempo di pensare all’autunno. Non è tempo di pensare all’inverno. Non è tempo di pensare a ciò che entrambi riservano nell’immediato o all’arguta…
Tre romanzi brevi, una sorta di trilogia. Si tratta di un ciclo di romanzi (tre, per l’esattezza) di Cesare Pavese sui quali, forse, la critica si è divisa di più e lo stesso autore ha guardato ad essi, nello scriverli e nel presentarli, quasi come a un ciclo letterario complesso e di non facile interpretazione. “La bella estate” è il primo dei tre romanzi – gli altri due sono “Il diavolo sulle colline” e “Tra donne sole” – che costituiscono il volume omonimo pubblicato nel 1949, e che sono impostati su temi precedenti toccati dall’autore ma che in questi tre romanzi brevi vengono approfonditi nel proprio sviluppo e, dunque, perfezionati nella strutturazione e nello stile. “La bella estate”, in particolare, riprende il motivo della solitudine, che Cesare Pavese aveva già trattato nel romanzo “Carcere”; ma adesso in una situazione del tutto diversa in quanto è la solitudine dell’adolescenza impersonata nella tenue e delicata figura della protagonista Ginia coi primi turbamenti e le prime speranze, coi primi timidi approcci, e perciò con l’esperienza dell’amore e del sesso, che alla fine di un’estate vissuta intensamente si trasformeranno in solitudine: quella solitudine che nasce a Ginia spontanea dall’amarezza del disinganno dopo che Guido,…
Libro ricco di fascino con una costruzione del testo quasi come uno spettacolo, per collages, che adatta il linguaggio ai differenti personaggi; come esempio basta confrontare il capitolo XIV, Salem, con il capitolo XVII, Il trovatore cieco, per sottilmente rilevare la metafora di fondo, cioè la specularità con il bibliotecario cieco, sinonimo sicuro dello scrittore Borges, de “Il nome della rosa” di Umberto Eco. Sto parlando del romanzo “Creatura di sabbia” dello scrittore marocchino, naturalizzato francese, Tahar Ben Jelloun. “Essere donna è una menomazione naturale della quale tutti si fanno una ragione. Essere uomo è un’illusione e una violenza che giustifica e privilegia qualsiasi cosa”. Così scriverà nel suo diario Ahmed – Zahra, il ragazzo “che aveva seni da donna”, la ragazza “con la barba malrasata”, la persona fantastica e reale ad un tempo, “disgraziatamente” nata femmina e allevata dal padre come un maschio, cioè il/la protagonista disperata, autolesionista e ribelle di “Creatura di sabbia”. “Creatura di sabbia” è la storia di Ahmed raccontata da lui stesso, ormai vecchio, il solo a conoscere la verità della sua angosciosa esistenza e dei suoi sogni allucinati. Egli scrive ogni notte su un diario segreto le sue ossessioni e la sua ipersensibilità: le…
“L’uomo è forte” di Corrado Alvaro (1895 – 1956) è forse l’opera più matura e dai molti sottintesi di questo scrittore. La crisi della società è ancora presente, come negli altri romanzi, anche in “L’uomo è forte”, ma qui la società è diversa da quelle liberali perché ora lo sfondo è un soffocante regime totalitario. I personaggi principali di questo romanzo sono Dale e Barbara, due giovani che si sono conosciuti all’estero. Ritornati nel loro paese in periodi diversi, dove nel frattempo si è stabilita al potere una dittatura, si incontrano ancora, e fra di loro rifiorisce un segreto legame affettivo. Ma si trovano sempre a vivere nella paura e nel sospetto diffuso dal nuovo regime collettivistico. Tutta la vita della nazione è angosciata dal terrore, non si pensa che al momento in cui il regime dittatoriale crollerà; perfino l’amore, nel quale Dale e Barbara cercano la liberazione, ha un qualcosa di insistentemente e quasi ossessivamente colpevole e tormentoso. L’epilogo non sarà né felice né neutrale né banalmente scontato; infatti Barbara, proprio per liberarsi dall’incubo della colpa, denuncerà Dale il quale poi, sempre più sospettoso di tutti e di ciascuno, ucciderà in un diverbio il Direttore dell’Ufficio Tecnico Industriale di…
“L’equilibrio tra uomo e natura selvaggia è notoriamente uno dei tratti distintivi della cultura nativa; in passato, e forse ancora di più ai giorni nostri, i Nativi Americani si fanno promotori di un approccio rispettoso e simbiotico nei confronti della foresta e degli altri ecosistemi” (da “Spiriti delle foreste”, pag. 80). Questo primo estratto del libro di Paolo Valerio Bellotti “SENZA RISERVE. Storie di Nativi Americani” (mauna Kea Edizioni, 2025) è emblematico di ciò che i nativi del Nord America, ieri, cioè nei secoli passati all’arrivo dei primi bianchi nel Nuovo Mondo e lo stanziamento successivo dei coloni nei diversi territori dell’Unione, come anche oggi, in pieno ventunesimo secolo, diffusore planetario dell’era digitale, continuino a vivere in modo semplice e atavico, facendosi custodi, e promotori, di un pensiero ecologico molto importante per i vari habitat naturali nella varietà dei climi, dei paesaggi, delle conformazioni geologiche, della vita che brulica in essi. Ho letto questo libro di Paolo Valerio Bellotti tutto d’un fiato, perché la lettura in sé mi ha invogliato a farlo e mi ha “presa” quasi completamente. “SENZA RISERVE. Storie di Nativi Americani” è composto da una serie di racconti con titoli differenti che vanno da un’epoca remota, addirittura…
Era una giornata calda, come oggi; era precisamente un sabato, come oggi; era una splendida mattina, in fondo, quasi al colmo dell’estate, ideale per chi vuole, e per chi può, godere del sole e del mare, della collina e della montagna; mio padre ci lasciava … mio padre mi lasciava, mi lasciava bambina di undici anni inconsapevole di che cosa fosse la morte e del perché si porta via per sempre le persone care. L’anno era il 1975, esattamente cinquanta anni fa, la metà di un secolo per il computo del tempo terrestre, o terreno. Non ricordo tutto di quel giorno ormai lontano, il trascorrere degli anni si fa sentire e mi pesa nella mente e nel corpo, ma ho conservato tanto, e soprattutto intatti i momenti più dolorosi e più drammatici, che ho custodito nel cuore in questi cinquanta anni in cui ho visto e ho vissuto di tutto. Sono rimasta sola, unica di quella piccola famiglia che, nei primi anni ’70 del secolo scorso, era così felice, e sembrava dovesse avere un futuro promettente o addirittura luminoso. La vita non è mai come tu la immagini o come tu la sogni, la realtà esige sempre il suo tributo…
