Massimo Morasso, genovese, scrittore e comunicatore culturale. Ha pubblicato libri di poesia, critica letteraria e d’arte. Della sua scrittura si sono occupate numerose riviste, antologie (Einaudi, San Paolo, Garzanti), testate giornalistiche (fra le quali “Il Tempo”, “Il Messaggero”) e televisive (“Rai 1”). Nell’ambito delle sue attività di comunicazione si è occupato, in particolare, di tematiche scientifiche e ambientali oltre che, a più livelli, della questione dell’identità europea. Nel 1998 ha curato la riedizione del “Supplemento Letterario del Mare” il foglio italiano di Ezra Pound. Nel 2001 ha scritto la “Carta per la Terra e per l’Uomo”, un documento di etica ambientale declinato in tesi, che è stato sottoscritto anche da cinque Premi Nobel per la Letteratura e da sette premi Pulitzer per la Poesia. Ha collaborato a molte riviste letterarie, e non solo, (fra le quali “MicroMega”, “Doppiozero”), e ne dirige una “AV”. Collabora alle pagine culturali dei quotidiani “Il Foglio”, “Il Manifesto”, “Il Secolo XIX”. Come poeta ha vinto dei premi importanti – Il Gozzano nel 2017, il Catullo nel 2018 e il Flaiano nel 2024. Massimo Morasso ha pubblicato il ciclo poetico de “Il portavoce” (1995 – 2006) e due libri apocrifi nel segno unico dell’attrice Vivien Leigh. Come saggista ha scritto due monografie: “In bianca maglia d’ortiche” su Cristina Campo (Marietti, 2010) ed “Essere trasfigurato” su William Congdon (Qiqajon, 2010), l’ampio zibaldone metaletterario “Il mondo senza Benjamin” (Moretti&Vitali, 2014), “Rilke feat Michelangelo” (CartaCanta, 2017) e il recentissimo “Re – visione della poesia” (Industria&Letteratura, 2024).
Francesca Rita Rombolà dialoga con Massimo Morasso per poesiaeletteratura.it
D – Si è sentito gratificato per aver vinto premi di poesia importanti quali il Gozzano ecc. ecc.?
R – Sì, inutile negarlo. Fa certo piacere ricevere dei premi, se le giurie sono composte da persone oneste e di buon gusto. Allora i premi valgono come certificazioni ragionevolmente attendibili della qualità di quanto stiamo facendo. E, tuttavia, occorre mettere la sordina all’entusiasmo: per come la vedo io, partecipare a qualche giro di giostra di Premiopoli è, e deve restare, innanzitutto un gioco, un divertissement. Io l’ho fatto molto di rado.
D – Può spiegare, in sintesi, che cos’è la “Carta per la Terra e per l’Uomo” che lei ha scritto nel 2001 e che è stata sottoscritta da ben cinque Premi Nobel per la Letteratura e da ben sette premi Pulitzer?
R – La Carta è un manifesto di etica ambientale declinato in tesi – atte a indicare “linee teoriche” e buone pratiche ideali che, secondo me, sarebbe bene conoscere e concretizzare per correggere il nostro atteggiamento, miope e predatorio, nei confronti del pianeta. L’ho concepita ormai ventitre (quasi ventiquattro) anni fa, non a caso a inizio secolo, e l’ho sottoposta alla firma di cento importanti poeti di quarantotto nazionalità diverse, nella convinzione che la “società globale dei poeti” potesse far da garante morale e da cassa di risonanza post – novecentesca delle sue istanze.
D – Scrivere una poesia è, secondo lei, quando il poeta si pone veramente in ascolto della “Sorgente Primigenia”, come percepire il battito del cuore dell’Universo?
R – Penso senz’altro che la Poesia sia una risposta. Una poesia autentica, anche la più raffinata sotto il profilo intellettuale, non nasce dal nulla. E, soprattutto, non risponde alla sola logica dell’io – l’ego di chi scrive, che sa fin troppe cose e parla spesso fin troppo. La Poesia è l’esito di un “ascolto”, come dice bene lei, che ha condotto il poeta nell’azzardo della Parola, non già verso l’originale, ma verso l’originario.
D – Chi oggi, in epoca di post – moderno e di Transumanesimo, ama e legge i poeti e la Poesia?
R – Il pubblico della poesia è un piccolo pubblico di resistenti. E’ costituito quasi esclusivamente dai poeti stessi e da qualche professore – più spesso da qualche professoressa – ancora innamorata dell’idea della poesia. Oggi, gli altri rari lettori di versi sono quelli “di mestiere”, che fanno parte del sistema dell’industria culturale. Il loro, parlando in generale, è un modo di leggere impuro, rovinato dall’abuso e dalle esigenze della dialettica del do ut des, che non gli consente di vedere il poetico nella poesia, quando e se c’è.
D – Io sostengo sempre che i sopravvissuti ad una possibile, ed eventuale, Apocalisse ricorderanno i versi frammentati, spezzati, di un poema, o anche di una poesia, endemici per la precedente umanità, e da questi potranno ricominciare a sperare in una “rinascita” migliore; potrei avere ragione?
R – Temo di no, ma la sua è una fantasia epico – cavalleresca da sottoscrivere – e una convinzione che Le fa onore.
D – Un breve messaggio di Massimo Morasso intorno alla poesia per i lettori di poesiaeletteratura.it.
R – Si possono dare infinite definizioni della poesia. Io, per me, direi più volentieri cosa non è: il che, per chi la pensa all’incirca come me, potrà valere, forse, come un segnavia condivisibile e un argine contro l’impoetico. La Poesia non è la cronaca delle nostre turbe introspettive, né l’esibizione per correlativi dei nostri sentimenti. E non è neanche psicologia versificata … Ai lettori di poesiaeletteratura.it consiglierei di considerarla come un atto d’amore, o meglio, con maggior precisione, come la traccia in forma (sperabilmente ben) scritta dell’amore dell’umano per l’uomo.
Francesca Rita Rombolà
Massimo Morasso
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