Memoria di un sacrificio importante – 25 APRILE 1945

25 Aprile 2013

Mario Brusa Romagnoli (anni 18, meccanico)

Papà e Mamma,

è finita per il vostro figlio Mario, la vita è una piccolezza, il maledetto nemico mi fucila; raccogliete la mia salma e ponetela vicino a mio fratello Filippo. Un bacio a te Mamma cara, Papà, Melania, Annamaria e zia, a Celso un bacio dal suo caro fratello Mario che dal cielo guiderà il loro destino in salvo da questa vita tremenda. Addio. W l’Italia. Mario.

Mi sono perduto alle 12 e alle 12 e 5 non ci sarò più per salutare la Vittoria.

 

Poche frasi, brevi ma toccanti. Parole che si scrivono in una lettera, in questo caso l’ultima, per ringraziare, per salutare, per inneggiare, per dire addio alle persone più care, sapendo che in questa vita non si avrà più la possibilità di capire, di vedere, di esultare o di piangere ancora. E’ la lettera di un giovanissimo partigiano catturato dai nazi-fascisti e condannato a morte. E’ dunque una testimonianza storica diretta della guerra civile, che dilaniò l’Italia in quel periodo terribile il quale va dall’8 settembre 1943 fino al 25 aprile 1945. Questo periodo viene storicamente e legittimamente denominato periodo della Resistenza anti-fascista perché larghi e vari strati del popolo italiano ingaggiarono una lotta armata contro i fascisti e i loro alleati tedeschi, cioè l’esercito della Germania nazista. Il 25 aprile 1945, le forze partigiane o della Resistenza ottennero la vittoria finale, e l’Italia poté avviarsi così verso libere elezioni e la nascita della democrazia. Immaginiamo per un attimo come sarebbe stato il futuro dell’Italia se uomini e donne di ogni età, condizione sociale, con la voglia comune di vivere liberi e l’insofferenza verso un regime politico alquanto rigido non avessero lasciato tutto, imbracciato il fucile e preso la via delle montagne o quella urbana senza sotterfugio in quel preciso momento storico per combattere fino alla morte e restituire la libertà e una certa dignità a un Paese stremato da una guerra insostenibile e da una dittatura di oltre vent’anni? Avremmo mai avuto la democrazia in Italia? Il benessere economico e un certo progresso sociale? Forse no. Forse tutto sarebbe stato diverso e, in un modo o nell’altro, il Paese e il popolo ne avrebbero sofferto. Allora il sacrificio di ragazzi, di giovani, di vecchi è servito a qualcosa? E’ stato importante? Forse è servito a molto. A tanto. Ed è stato altrettanto importante. E non possiamo ancora oggi capirlo completamente. Il 25 aprile 1945 è una data simbolica per l’Italia, e anche se il ricordo si affievolisce e soccombe come tutto al passare del tempo, la memoria si mantiene viva: c’è, esiste ancora, altrimenti il 25 aprile di ogni anno non sarebbe più un giorno di festa che commemora la liberazione di un’intera nazione. Il fazzoletto rosso intorno al collo, il mitra in spalla e via… una mattina, appena svegliati, ciao all’esistenza condotta fino ad allora e finalmente libero sfogo all’ideale di lotta: espresso a meraviglia nel “Canto del Partigiano” o “Bella Ciao”, così significativo per la memoria storico-collettiva di un popolo. Mio padre è stato uno di loro: partigiano, combattente per un ideale che ha forse travalicato lo scopo momentaneo della lotta e che egli ha mantenuto nel suo proprio stile di vita post-bellico fino alla fine dei suoi giorni. Forse questo non è più tempo di ideali e di valori che non siano solo interessi materiali e vantaggi economici, come ci ha abituato a credere questo galoppante XXI secolo. O forse sì? Più che mai? L’ Italia, l’Europa, il mondo intero ne hanno, forse, davvero maledettamente bisogno?

Francesca  Rita  Rombolà

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