Marco Folletti nasce a Novara e vive a Torrazza di Piemonte, presso Torino. Si interessa di scrittura e di ricerca storica, collaborando con Enti, Associazioni e Gruppi Storici. Dal 1993 al 1994 ha collaborato con la testata “La voce del Canavese” dove ha curato una propria rubrica di storia locale, “Radici”. Nel 1998 ha promosso, in collaborazione con il Consolato Generale di Polonia, la conoscenza del dimenticato Cimitero Militare Polacco istituito in Chivasso dopo la vittoria del 1918, oggi Sacrario Militare e luogo di commemorazione annuale tra Italia e Polonia. Nel 2006, in occasione del terzo centenario dell’Assedio di Torino, organizza e conduce, presso l’Archivio di Stato di Torino, la conferenza “Assedio e uomini di scienza” dedicata alla figura del Marsili, oceanografo ed esperto di balistica del XVII secolo. Nel 2021 pubblica il suo primo romanzo, “La divisa sbagliata” (Mauna Loa Editore), seguito, nel 2025, dal secondo romanzo “Ombre su Torino” (Noa Edizioni). Marco Folletti è stato Guida Sotterranea presso il Museo Militare “Pietro Micca” della città di Torino. Organizza tuttora conferenze e incontri a carattere storico, ed è attivo nel campo della diffusione della conoscenza e del recupero del territorio.
Francesca Rita Rombolà dialoga di storia e di letteratura con Marco Folletti.
D – Iniziamo questo breve dialogo parlando dei suoi libri? Si tratta di due romanzi storici, vero?
R – Diciamo che si tratta di due romanzi in cui la Storia, quella vera, fa da sfondo alle vicende narrate. Ambedue i romanzi sono stati pubblicati dal gruppo editoriale Mauna Loa di S. Benedetto del Tronto, che ringrazio vivamente per aver creduto in me e per aver efficacemente operato le necessarie correzioni dei miei testi. Il mio primo romanzo si intitola “La divisa sbagliata”, è uscito nel 2021 ed è stato presentato per due volte al Salone del Libro di Torino. Narra le vicende di un nativo americano Cherokee che, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, decide di arruolarsi nelle SS di Hitler anziché militare nell’esercito americano. Personaggio del tutto di fantasia ma le cui vicende personali si intrecciano con le vite di personaggi realmente vissuti coi quali egli si confronterà, a volte in modo conflittuale e a volte in modo costruttivo. Il risultato è una rilettura della Storia vista coi suoi occhi di nativo americano: occhi ingenui e legati all’interpretazione della natura e dei suoi aspetti più tradizionali. Ne risulta una lettura ambivalente: da una parte la grande Storia, che trascina tutto e tutti nel suo corso inesorabile, dall’altra la storia personale e spicciola di questo piccolo soldato sbalestrato in una realtà di difficile comprensione che, per sopravvivere, dovrà interpretare giorno per giorno. Il mio secondo romanzo si intitola “Ombre su Torino”, uscito da poche settimane e presentato anch’esso al Salone del Libro di Torino. Anche questo è, a suo modo, un romanzo storico, giocato sui diari tenuti dai due protagonisti: da una parte il diario di una piacente operatrice finanziaria di successo dei giorni nostri, dall’altra il diario personale di un agente della Gestapo nella Torino occupata nel 1943. Vicende separate da un salto temporale di settant’anni, che finiranno inaspettatamente per incrociarsi. Una storia torbida di perdizione e riscatto circondata, anche qui, dagli eventi inesorabili della grande Storia: quelli cupi e violenti dell’occupazione nazista e quelli torbidi, e non meno violenti, della Torino attuale.
D – Lei è un esperto di Storia; quanto, secondo lei, le generazioni più giovani conoscono e apprezzano la Storia?
R – Credo che i giovani la Storia la conoscano poco, ma che se fosse loro insegnata potrebbero anche apprezzarla di più. Penso che ciò che manchi davvero nella scuola di oggi sia insegnare ai ragazzi a leggere il collegamento che esiste tra le diverse epoche. Faccio un esempio: il Medioevo è la naturale evoluzione dell’impero romano, ma il Medioevo è, al tempo stesso, l’epoca in cui si è gettata la base per la scienza moderna. Ma quanti docenti si spingono a insegnare la Storia in questo modo? … La scuola italiana invece procede per programmi rigidi e obsoleti, e il risultato è un disamore per la Storia che si amplifica sempre più.
D – In una società liquida e veloce, quale quella post – moderna in cui stiamo vivendo, che senso ha o ha ancora un senso studiare, ricostruire, ricordare fatti, vicende, avvenimenti accaduti nel passato?
R – Vede, io credo che il non saper leggere la Storia porti a non saper leggere l’attualità e questo, in un’epoca fortemente interconnessa, può essere molto più pericoloso che non in passato. L’attualità, infatti, altro non è che il risultato del passato: mai come oggi c’è bisogno di interpretare correttamente il mondo che ci circonda, e per far ciò non abbiamo altro strumento che la corretta rilettura di quanto avvenuto in precedenza.
D – Molti territori, da nord a sud della penisola italiana, vertono in uno stato di incuria, di degrado sia sociale sia culturale; vede una possibile soluzione a ciò?
R – L’Italia è sempre stata a macchia di leopardo, sia nel suo tessuto sociale che in quello culturale, fin dalle epoche più remote. Le colonie fenicie di Sicilia, così come le colonie doriche e ioniche in Calabria, Puglia e Campania avevano un avanzamento culturale e sociale che il nord Italia, a quel tempo, si sognava. Pensare oggi a un’Italia al contrario, con un sud sviluppatissimo e acculturato e un nord arretrato e analfabeta sembra difficile, ma per molti secoli questa è stata la realtà. L’epoca risorgimentale getterà poi le basi per il rovesciamento cui abbiamo assistito fino in tempi recenti: un nord ricco e industrializzato e un sud povero e arretrato. Ma l’impoverimento collettivo a cui tutte le economie europee stanno oggi andando incontro sta segnando anche in Italia una prospettiva nuova e poco rassicurante, creando fasce di povertà ed esclusione sempre più vaste e profonde, al nord come al sud. Soluzioni a ciò? … Non vedo altra soluzione possibile che una redistribuzione più equa di risorse e diritti per tutti.
D – La Poesia, in particolare, la letteratura, in generale, sono ancora importanti per i popoli?
R – Io credo che poesia e letteratura abbiano un potere ancora più grande: quello di plasmare l’anima, e che queste forme di scibile stiano, in ultima analisi, alla base stessa del nostro dirci uomini. Del resto, anche il cinema lo conferma: da “Farenheit 451” a film più attuali e più distopici come “Codice Genesi” in cui la trasmissione e la conservazione di poesia e letteratura assumono un aspetto addirittura sacrale.
Francesca Rita Rombolà
Marco Folletti
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