“La Via delle Croci” era un percorso obbligato a Gerusalemme per ogni condannato a morte dalla legge romana, una via da evitare, se possibile, sinonimo di infamia e di vergogna per ogni persona, uomo o donna, del luogo o di lontano … dal giorno in cui la percorse il Cristo, carico della croce, non fu mai più così per il mondo.
Una Pasqua serena e lieta per tutti.
La Via delle Croci
“La Via delle Croci”
così è chiamata
perché i condannati a morte
vi passano spesso
portando sulle spalle
lo strumento del proprio supplizio,
ma oggi, in questo giorno, qualcuno
la percorre, lento eppur veloce
negli attimi inflazionati
che entrano nell’Eternità,
moto armonico delle sfere celesti
quiete raggiunta dagli eoni
oltre la nascita e la morte
di un’altro Universo,
Lui: Alfa e Omega
la Fine e il Principio di Tutto.
Coperto di sputi, di sangue
di sudore, di insulti
il più reietto degli uomini,
come si può credere ancora
che costui è Dio?
Il promesso, l’Unto, il Messia?
Sul Colle dei Crani
ossa e putredine di morte
attendono
i nuovi crocifissi,
e ogni cosa si ripete
conforme a un rituale
consueto, ciclico quasi.
Soltanto quando un grido
di disperazione e di agonia,
seguito dalle ultime parole:
“Consummatum est”,
dalla dolce bocca
del condannato al centro
squarcia il dolore e l’ira dell’aria
i più accorti e i più profondi
in se stessi e nel misero cuore
che batte loro in petto
comprendono simultaneamente,
al respiro del morente
che ha lasciato il corpo,
la tragica misteriosità
e la sublimità inaudita
dell’inattuale momento infinito.
Francesca Rita Rombolà
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